venerdì 15 febbraio 2013

LE STREGHE E LA PARETE IMMAGINARIA DEL GHEBEL DEYR




Disse un giorno l’Occhio:
“vedo oltre queste valli un monte
Velato di nebbia azzurra.
Non è meraviglioso?”
L’Orecchio udì e, dopo aver ascoltato
Attentamente disse:
“Ma dove sarebbe la montagna?
Non la sento”







             Allora parlò la Mano e disse:
                                                                
         “Sto cercando invano di percepirla
          E di toccarla, ma non trovo montagne”
           E il Naso disse:
          “Non ci sono monti:
           non ne sento l’odore”
           Allora l’Occhio si volse dall’altra parte
           E  gli altri presero a discutere
           Della sua strana allucinazione:   

      “Deve avere qualcosa che non va " 
                                   (Kahlil Gibran)                            

Il Ghebel Al Deyr si trova in Giordania, nella zona di Petra e sulle sue pendici sorgono alcuni dei più bei monumenti della mitica città dei Nabatei. Si sale con un comodo, ma faticoso sentiero e 900 gradini. Ma dal versante opposto la montagna precipita per 6/700 metri con un salto verticale e poi si stempera a grandi balze nel Wadi Siyyagh, il wadi delle streghe. Su quel versante passava la mia via….

Una leggenda bedu vuole che il wadi Siyyagh sia la casa delle streghe. Quando mi incammino un bedu mi invita a rinunciare, a non passare lungo lo wadi popolato da streghe malefiche. Mi dice che mi avrebbero incantato…. Parto con caldo soffocante che ancora di più avvampa l’aria immobile dentro la valle.
Ma mano che procedo lo wadi si restringe e sempre più le pareti guadagnano in altezza. Nelle pareti sono scavate oscure caverne che si aprono tra rocce informi e contorte che  allarmano l’animo.

Già dopo pochi Km le pareti si innalzano a guardia della gola. Io non credo alle streghe, ma il luogo sembra costruito apposta per insinuare il dubbio anche al più incredulo dei viaggiatori. Allora mi lascio vincere dal bimbo che è in me e….. chissà se incontrerò le streghe.
Avanzo spedito. Caverne simili a scene dei Flintstone mi circondano, oscure, conturbanti.  Mi aspetto di veder spuntare le streghe. Aspetto con ansia di vedere spuntare la mia parete, quella che porta sulle nuvole. Non so cosa sia, se può essere percorribile. Mal che vada risalirò tutto lo wadi e mi porterò nel sentiero turistico che conduce ai monumenti nabatei sui fianchi del monte.
Una parete rossastra mi si para d’innanzi. Credo che sia una parete che fa da contraltare al monte che è la mia via. E’ una parete verticale, è bellissima ,ma sembra invalicabile. Spero solo che li dove dovrò salire ci sia una via con  qualche difesa che possa essere superata, altrimenti dovrò rinunciare. Per ora lo wadi sale serpeggiando con grandi balzi. Alti gradini rocciosi insinuano il dubbio di poter proseguire già da qui, ma un pendio alla sua destra si apre improvviso e posso procedere.

Balzi rocciosi intercalati a più alti gradini mi facilitano il cammino e mi permettono di salire facilmente. I salti finiscono tra le caverne e ora capisco perché le leggende sono nate in questo wadi. Osservando bene mi accorgo che le grotte non sono scavate dalla mano della natura, o almeno non è la natura che ha fatto tutto il lavoro da sola. L'uomo ha intagliato portali, gradini, finestre, rispettando l'architettura naturale.
Ad una curva l’occhio viene abbagliato dal colore verde dopo che per tanto tempo aveva osservato un solo colore, l’ocra, con tutte le sue sfumature, ma un solo colore. La valle si riempie di folti oleandri . Gli oleandri sono le piante più tossiche che si conoscono, forse la leggenda delle streghe deriva da qui. Inizialmente trovo un passaggio tra gli arbusti.

Gli oleandri mi sbarrano il cammino. Il bosco di oleandri è talmente folto che ho serie difficoltà ad avanzare. Gi alberi lasciano libero uno stretto sentiero che ad un certo punto si perde tra i rami. Un impeto di rabbia mi invade. Possibile che non posso passare? Poi mi guardo attorno e noto che alla mia dx, sotto una parete, una piccola cengia invasa da sassi instabili precipitati dalla parete sovrastante, può permettere il passaggio. Arrivarci però non è facile, devo traversare trasversalmente la stretta valle. Gli alberi sembrano aver assunto un’anima malefica. I loro rami si stringono su di me, impediscono i miei movimenti, sembrano essi stessi un essere con una sua volontà, un essere dotato di mille braccia e migliaia di mani dotate di artigli velenosi. L'albero di oleandro è velenso e molti soldati di Napoleone morirono perché avevano usato come spiedi, per cuocere la carne, i rami di oleandro.
Chissà se i veleni si irradiano dalle foglie del folto bosco. So che uno dei sintomi iniziali dell’avvelenamento è l’assopimento….e se dovessi addormentarmi? Comunque ora procedo fuori del bosco, su una provvidenziale cengia sassosa, mentre il bosco invade inesorabile ed impenetrabile tutto il fondo dello wadi. Davanti a me due pareti perfettamente vericali mi lasciano presagire che la cengia ormai ha vita breve e dovrò procedere forzatamente nel bosco.
E finalmente eccola lassù la cima del Deyr, altissima, irraggiungibile, sembra uno stiletto innalzato verso il cielo e la parete è solo un monumento per sorreggere l’ultimo altare. Un primo bastione di rocce si innalza al di la dello wadi quasi a nascondere il Deyr, a proteggerlo. Al disopra di esso si intravvede l'aguzza cima, stagliata contro il blu del cielo. Anche se il primo contrafforte sembra rotto, senza pareti compatte, purtuttavia i suoi balzi sono friabili, i suoi canaloni sono pieni di detriti instabili. Da li non si passa. La parte bassa dei ghebel è sempre costituita di roccia rotta. Devo risalire ancora lo wadi e guadagnare quota con la speranza di poter accedere alla parete in un punto di roccia compatta e non troppo difficile. Non è una ricerca, è solo una speranza….
La cengia pian piano scompare e devo andare avanti. Mi fermo e vado in ricognizione... Scopro un passaggio tra gli oleandri e mi immergo nel venefico bosco delle streghe, ma per ora nessuna traccia delle malefiche……

Le streghe mi impediscono il cammino. La stretta valle è limitata da pareti verticali, non c'è possibilità di fuga. Gli olendri sembrano un fiume in piena che devo risalire controcorrente. Un fiume con acque verdi, limacciose, popolate da famelici piranha. Mi immergo nel bosco e gli olendri si chiudono su di me, il caldo mi procura vertigini. Non è il venefico alito della streghe, è la temperatura che ora sfiora i 54 gradi, senza un benchè minimo respiro di vento e con l’umidità sicuramente più alta a via della folta boscaglia.
Una roccia in mezzo alla corrente del limaccioso fiume mi da un po di respiro. Mi fermo per riprendere fiato, alzo gli occhi e…una torre levigata sbarra il mio cammino. Credevo che lo wadi fosse percorribile, ma forse mi sbagliavo, o forse le streghe hanno innalzato un muro contro di me. Non posso salire il muro ne tantomeno salire sulla parete di destra che è formata da terrazzi sporgenti nel vuoto. Ora la mia speranza non è quella si salire la parete, ma di riuscire semplicemente a percorrere tutto lo wadi e mescolarmi con gli affannati turisti che risalgono il sentiero a gradini per ammirare i monumenti.

Faccio qualche metro e mi accorgo che nella parete c’è uno stretto intaglio che mi fa accedere in una angusta valle in cui le pareti si chiudono come una tenaglia …I chiaroscuri tra le rocce mi avevano ingannato. Il sole è inesorabile, le ombre sono nere, la roccia abbaglia, l’aria trema, gli occhi soffrono e non sanno adattarsi alla estrema differenza di luminosità. Alcune ombre, a causa del tremolio dell’aria, prendono vita e il cervello confonde queste inesistenti creature con folletti che fuggono tra i salti rocciosi, tra le scure caverne, al limitare del bosco.

Da qui ho seri dubbi sulla possibilità che lo wadi possa incunearsi tra quelle fantastiche pareti. Parto timoroso, supero lo stretto pertugio circondato da un fantastico palcoscenico e mi aspetta una gradita sorpresa.  La natura ha costruito un magnifico sentiero tra le rocce a picco. Una strada naturale si alza sulla parete con stretti tornanti permettendomi di superare una parte scabrosa dello wadi. Le sorprese si succedono alle sorprese. Questa è la condizione che mi piace di più : non sapere cosa c’è al di la della curva, scoprire il proprio cammino passo dopo passo, attendere cosa la natura ha deciso per te e approfittarne con un balzo.


Alla fine del sentiero una liscia parete, non troppo inclinata, di roccia porosa, aderentissima, mi facilita il cammino. Arrampico su una lastra rovente. Non posso poggiare le mani a via del calore e quindi mi muovo con miracoli di equilibrio. Ho la sensazione di essere un grumo di pane che viene steso sulla pietra arroventata per fare quella sorta di piadina tanto gustosa e tanto cara agli arabi. Forse le streghe oggi sono buone, o forse sono lontane…o si stanno divertendo alle mie spalle.

Sulla cima della parete il terreno spiana. Grotte scure si aprono tra le rocce, abitazioni di antichi guerrieri o pastori, abbandonate…morte. Il luogo emana un fascino misterioso, sembra un set di un film fantasy. Chissà come vivevano gli abitanti di questi luoghi, vicino alla più grande città di Petra, anch’essa un sogno, irreale gioiello tra le rupi del deserto, intagliata nelle rocce che si innalzano repentine come un urlo.
Da qui lo wadi si stempera, sale ancora e probabilmente finisce nella piana di Petra. Ma ora gli scherzi sono finiti. Alla mia sinistra finalmente si erge la PARETE . Eccola li in tutta la sua imponenza. Intagli orridi formano un enorme organo le cui canne si innalzano al cielo. Tentare di salire è una ruolette russa perché nessuno può sapere quale canna salirà fino alla cima... Devo trovare un modo per salire, ma non so quale sia la via più percorribile. Si deve comunque arrampicare. Alla sinistra di una torre, si innalza un canale tagliato nella roccia come da una immane ascia. Mi sembra che prosegua nella parete …forse questa è una buona scelta…forse. Non mi piace prevedere il mio cammino. Devo solo andare e seguire ciò che il mio istinto mi suggerisce, senza chiedermi nulla
Contravvenendo al mio modo di pensare, mi siedo su uno sgabello piazzato dalla natura nel punto più panoramico, per ammirare le pareti ed intuire una via di salita. Chissà se mi siedo perchè ho bisogno di un po di riposo oppure perchè la parete mi intimorisce. Forse cerco una via di salita che spero non ci sia ed attendo che i miei occhi diventino ciechi al percorso o che la mia mente immagini una parete che non esiste. Una parete immaginaria, difficile, imprendibile, pericolosa, dove nessun alpinista sia mai riuscito a salire e dove solo pochi abbiano mai tentato di arrampicare. Questa parete immaginaria è quella che mi permetterebbe di tornare indietro senza difficoltà, senza rimpianti.
Dopo aver studiato e valutato ogni possibile percorso, decido che è meglio inoltrarsi in una fessura che sale verso il cielo. Se è abbastanza stretta potrebbe permettermi di salire arrampicando in opposizione. La parete è friabile, impercorribile, frantumata dal sole e dal vento che tutto distruggono…..Il calore dentro l’intaglio è immane, non un filo di vento stempera la sensazione  di morte che aleggia dentro il canale…

Faccio l’ultima foto del condannato (la condanna di non saper resiste al richiamo delle Sirene) ….e parto
Per ora si procede con facilità tra facili salti che si aprono nella stretta gola.  Di lontano si intravvede lo wadi più agevole che porta a Petra.


Il panorama si allarga mentre il timore si fa più reale. Procedo arrampicando facilmente su piccoli salti che come enormi gradoni risalgono il canalone. Mi fermo su un terrazzino ricolmo di instabili detriti precipitati dall'alto. Un albero è nato fiero  tra le rocce, per il momento si procede senza difficoltà ….

 

Ora bisogna arrampicare, ma ancora le difficoltà sono abbastanza basse, forse possono essere valutabili al II  grado, e per di più per superare balzi di circa 5  metri. Mi fermo e mi volto  per essere sicuro di poter battere in ritirata se non potessi più avanzare. Sono coscente che più in alto le difficoltà crescono, ma sono sicuro di poter scendere facilmente fino a difficoltà di 3 o 3+ grado, quindi devo essere attento a non superare tali difficoltà in salita. Bisogna tener conto del tipo di roccia e delle condizioni climatiche, quindi  è molto difficile valutare queste cose e farle interagire tra di esse


Guardo in alto…L’intaglio si serra in una ferita profonda. Sul momento credo che la salita sia finita qui. Sto su un piccolo terrazzino e sotto di me la via del ritorno è semplice. Mi fermo a riflettere e a decidere. In alto le pareti si accostano e la roccia diviene compatta e granulosa...un sogno di aderenza. Ricordo....ricordo...(!) che quando arrampicavo avevo estrema facilità a salire con la tecnica in opposizione.  Forse questa tecnica era congeniale al mio fisico....forse ancora oggi, che non arrampico più da tanto tempo, il mio corpo ancora  è adatto a questa progressione. L'unico modo per saperlo è andare, partire. Decido di arrivare ad  un blocco incastrato tra le pareti. Mi pongo con le gambe larghe, opponendo la forza tra le due strette pareti e salgo con prudenza. La roccia, in ombra, è caldissima, ma comunque non ustionante. Ma mano che procedo il mio corpo si scalda e come se pian piano ricordasse i movimenti, mi innalza con facilità dentro lo stretto pertugio. Per fortuna il canale ha una larghezza perfettamente adatta alla lunghezza dei miei arti
Arrivo al masso e mi aggrappo ad esso e mi riposo. Qualche dubbio sulla cattiveria delle streghe aleggia nella mia mente. E se decidessero di far rotolare qualche masso dentro lo stretto budello? O se sganciassero il masso che il caso aveva incastrato in un precario equilibrio? Al di sopra del masso la roccia compatta mi invita, una decina di metri più il alto si intravvede un terrazzo, ma è faticoso salire per 10 metri in opposizione in un forno crematorio con il sudore che brucia gli occhi e con la schiena appoggiata alla parete illuminata e arroventata dagli impietosi raggi sole.


Arrivo sul terrazzino e decido di non fermarmi. Posso ancora tornare indietro, quindi questa sicurezza mi incoraggia a tentare la parte che presumo più difficile. E' una decisione che mi permetterà di vedere una cosa meravigliosa. Un centinaio di metri più in alto incontro uno strato di roccia fantastico. Arrampico per pochi metri non su roccia ma su un prezioso arazzo. Tutte le sfumature di rosso, di ocra e di giallo sono rappresentate sulla tavolozza della natura. La roccia è compattissima, lo strato è spesso circa 10 metri e ad un certo punto mi trovo circondato da colori, arrampico  dentro una tavolozza di un dipinto, mi sento inglobato in essa.Per un momento anch'io sono una parte dell'affresco meravigliuoso della natura.  Procedo in un sogno minerale, pochi metri….(la foto è stata scattata in un altro punto , si riferisce allo stesso strato di roccia, ma non potevo fotografarlo sul posto, dato che ero in equilibrio precario)
Fintanto che le due pareti rimangono strette avrò la possibilità di salire agevolmente. La roccia è ottima. Compatta, granulosa. Le scarpe aderiscono come una colla e piccoli terrazzini mi permettono di riposare. Sono felice. Incuneato tra le strette pareti mi sento al sicuro e salgo velocemente. 

Non salgo su una montagna, salgo lungo la storia del mondo. Gli strati di roccia sono il diario della Terra, ma ora sono piegati, contorti, sgualciti. Qui la natura ha scritto al sua storia, ora con una penna  a punta fine, ora con un rude pennello, ora con matita a carboncino ora con l'arcobaleno che è il pittore ai suoi ordini. Il mio salire è un viaggio nel tempo, non nello spazio.
Una terrazzo più ampio….sono uscito dalle difficoltà. Mi lascio dietro ere geologiche, tempo passato e futuro, sogni e realtà . Il nero baratro ormai è ai miei piedi. Il sole ustiona il viso sudato, non dal caldo, ma dalla tensione.



Lo spettacolo è affascinante e la conca di Petra è sotto di me. Lontana…

Mi cambio la canottiera totalmente zuppa di sudore a causa del caldo e della tensione della salita e l’appendo al bastoncino, ci vorranno pochi minuti per asciugarla.
Il panorama si allarga e compaiono altre montagne. A perdita d’occhio sfumano verso il deserto di Nefud, verso l’Arabia. Mi trovo sulla ampia e sicura cresta. Alla mia destra, al di la  di una bassa collina ci sono i monumenti nabatei, ma io sto lontano dalla folla e cammino sull'orlo del baratro della parete appena salita.


Mi affaccio verso l’abisso da cui provengo. Il terrazzo si affaccia sull'abisso verticale che precipita fin dentro lo Wadi con un solo terrificante balzo. Un sasso lasciato cadere non toccherebbe mai la parete e sarebbero gli oleadri a fermare la sua caduta. Come tutti i bimbi, mi devo forzare per non tirare un sasso nel vuoto e vederlo cadere, volare nel cielo per centinaia e centinaia di metri, fino a tuffarsi nel fiume velenoso degli olenadri.


In fondo al baratro c’è lo wadi Yassigh...e le sue streghe.



Una foto insieme allo wadi che ho percorso, come due vecchi amici. E’ laggiù, lontanissimo,da esso mi divide la parete, il vuoto …il fascino del vuoto mi attira come il flauto per un cobra
Seduto, con i piedi penzoloni nell’abisso, mi sembra di volare…
Mi sembra impossibile che sia riuscito a salire, che su quella parete ci sia una via percorribile. Vorrei essere un uccello e librarmi nell’aria…
Davanti a me il cammino spiana, una facile cresta conduce alla piatta cima. In lontananza scende serpeggiando lo wadi Yassigh.
Ultimi sguardi nel vuoto....
Mi decido, oppure no, a partire?....E' difficile tornare ad essere un semplice uomo quando per qualche momento ho creduto di essere un geko sulla parete, un uccello sull'abisso....
Un’ultima foto all’immane baratro e mi avvio. Forse attendevo le streghe che oggi erano distratte e mi hanno lasciato passare, contrariamente a ciò che mi aveva predetto un bedu locale…..

Salgo ancora, ma posso distrarmi. Cumuli di rocce informi, accatastate verso il cielo mi circondano e pian piano che salgo, diventano più basse…di lontano mi giungono le voci dei turisti saliti sul sentiero a dorso di asini, ad ammirare i monumenti dei Nabatei.
Ecco la cima, con la bandiera della Giordania. La cima, non è mai gratificante, perché arrivare significa aver raggiunto la meta, significa la discesa. Significa ..andar via
L’importante non è la meta, ma il cammino….e per oggi il cammino è finito….ecco perché non vorrei mai arrivare. Già da qui sento la nostalgia, già mi assale "il dolore del ritorno".

 Mi avvio sul sentiero scavato tra le rocce.
 Scendo sul sentiero turistico, dove famiglie di bedu vendono i loro prodotti
I primi fiabeschi monumenti di Petra mi si parano davanti.
Entro trionfalmente nella città di Petra, camminando sulla strada principale.

…e mi riposo sotto Al Khazneh, il Tesoro. Ma questa è un’altra storia…..