NICOLA
La sera del 17 gennaio 1978 avevo deciso di andare al cinema, dopo cena. Mi ero diretto quindi al cinema Rex per l’ultimo spettacolo e già pregustavo il bel film d’avventura dopo una giornata di studio. Circa a metà del primo tempo mi sentii bussare alla spalla e mi voltai. Era Roberto F. il capostazione del Soccorso. Fui felice di vederlo perché credevo che anche lui stesse vedendo il film e che si era spostato per stare in mia compagnia. Invece non si sedette e mi avvertì di correre a casa a prepararmi perché un ragazzo era disperso al Parco Nazionale e loro erano già alla sede per partire. Mi precipitai a casa e mi equipaggiai. Partimmo dopo poco armati di tutto punto per le ricerche. Arrivammo con qualche difficoltà a Pescasseroli dove già erano allertate le Guardie Forestali, la Polizia e i Carabinieri. Inoltre c’erano gli onnipresenti Finanzieri (meno male), con il loro magnifico cane. Un ragazzo, Nicola, dopo la chiusura della piste da sci non era tornato a valle. Immediatamente la madre aveva dato l’allarme dato che il ragazzo era di Pescasseroli e subito era stato cercato, ma senza risultato. Era un bel ragazzo di 15 anni, orfano di padre e bravissimo sciatore, inoltre aveva un’ottima conoscenza del luogo che frequentava giornalmente. Ci accolse il pianto discreto ma disperato della madre, la quale probabilmente sentiva la responsabilità interamente su se stessa, avendo perso il marito.
Ci organizzammo a squadre e partimmo. Io chiaramente mi accompagnai con alcuni del SAGF e con una guardia Forestale.
Alle 3 del mattino non si era trovata alcuna traccia, il ragazzo sembrava sparito nel nulla. La notte era illuminata dalla debole luce lunare che comunque era sufficiente per permettere di camminare senza l’uso delle lampade frontali, cosa che io cercavo sempre di evitare. Gli occhi, infatti, si abituano al buio molto di più di quello che ci si aspetta. La lampada frontale illumina sì la via, ma restringe le pupille e quindi la visibilità fuori del fascio illuminato diventa praticamente nulla. Se bisogna spaziare quindi conviene fare a meno delle lampade, se ciò è possibile.
Tutte le piste da sci di Pescasseroli erano popolate da maestri di sci e da abitanti del luogo, che conoscevano personalmente il ragazzo. Inoltre c’erano tutte le possibili forze di Soccorso ufficiali. Ma tutto era inutile. Noi battevamo le zone adiacenti alle piste, li dove si poteva sciare, evitando chiaramente il fitto bosco dove uno sciatore non aveva la possibilità di scendere. Avanti a noi, più in alto, si trovavano i Finanzieri con il cane. Il freddo era pungente e questo ci preoccupava molto perché l’unica spiegazione era che il ragazzo, scendendo fuori pista, si fosse ferito. In queste condizioni il freddo poteva essere fatale. Alle 4 del mattino i Finanzieri vicino a noi ci urlarono di raggiungerli al più presto perché il cane aveva sentito qualcosa. Accelerammo il passo e quando arrivammo il cane già aveva trovato il ragazzo nascosto sotto un anfratto, dormiva semiassiderato. Fu difficile svegliarlo perché il freddo, ormai, stava facendo il suo macabro dovere. Se fosse rimasto li ancora per un po sarebbe sicuramente morto. Lo prendemmo e scendemmo subito. Quando arrivammo alla base degli impianti la notizia si era diffusa e moltissime persone ci aspettavano. La folla era enorme, praticamente tutto il paese e scorgemmo la madre sorretta da qualche amica, sulla porta della costruzione degli impianti. Avemmo difficoltà a passare e la madre, appena ci avvistò, ci venne incontro di corsa, a stento trattenuta dalle amiche. La folla si allargava al passaggio della madre, un Finanziere erculeo (Francesco) portava in braccio il bimbo come se fosse stato un fuscello. L’incontro della madre con il figlio che credeva ormai morto, fu uno spettacolo indimenticabile per me. La tensione accumulata si scaricò in pochi istanti ed ella iniziò a singhiozzare per la gioia, baciando il figlio che intanto si era ripreso e cercava di consolarla. Poi si rivolse a noi, benedicendoci iniziò a baciarci le mani e ad abbracciarci. Io ringraziai la sorte che mi aveva permesso di prendere parte a quel soccorso. Per tante volte avrei voluto non aver visto strazi e morte, ma ora ero stato ripagato. Ogni tanto i soccorsi ci permettevano di riappacificarci con la montagna che molti considerano assassina e principalmente con noi stessi, quando non eravamo solo dei tristi trasportatori di cadaveri.
Oggi Nicola fa il maestro di sci a Roccaraso, su quelle montagne che stavano per ucciderlo. Oggi per ripagarlo gli ha donato un lavoro. Chissà se ricorda ancora il cane che lo ha trovato e i visi festanti di coloro che lo hanno riportato alla vita.
Dopo qualche giorno ci arrivò una toccante lettera firmata dalla madre di Nicola. Peccato che non ho una copia, comunque sicuramente qualcuno del SAGF l’avrà conservata ed io mi riprometto di cercarla. Se la troverò l’aggiungerò a questi miei ricordi, ma non è importante. Io ce l’ho scritta nel cuore, anche se le parole non le ricordo. Credo che tutti coloro che vi parteciparono ricordano quel soccorso come uno dei più felici mai effettuati, non solo per aver ritrovato un disperso. Molte altre volte avevamo ritrovato persone smarrite nelle più impensate condizioni, ma mai tante persone avevano gioito tutte insieme della nostra azione e mai tante persone avevano contemporaneamente manifestato gratitudine verso di noi.
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