sabato 17 marzo 2012

PRESENTAZIONE


Questo non è un racconto di avventure, non è un libro di montagna, anzi, non è neppure un libro, non ha neanche il numero di pagina. Non ce l’ha perché è semplicemente un resoconto dei miei ricordi e quindi, appena essi ritornano nella mia mente, vengono aggiunti. Quello che si ricorda, qualche volta non è ciò che è stato più avventuroso, ma è quello che più ha colpito il nostro animo, quindi è interessante solo per chi ha vissuto quei momenti. Il problema è che in molti di quei momenti ero solo e quindi ricordarli può essere interessante solo per me o per chi ha la curiosità di conoscermi più profondamente, ma questa cosa credo sia quantomeno utopistica.



Forse se avessi descritto qualche “VERA” avventura di montagna, tipo Messner o Kammerlander, sarebbe stato più interessante, ma avrei dovuto inventarla, semplicemente perché non sono stato all’altezza di viverle. Non tutti sono Messner o Kammerlander, ma una cosa voglio dirvi. Pensate  che i grandi alpinisti provino di più o più profondamente di noi i loro sentimenti? Io sono sicuro di no. Pensate voi che solo perché i loro amici sono morti sull’Everest e non su un dolce pendio di qulche montagna nostrana il loro dolore sia più profondo? O che la loro felicità sia superiore alla nostra perché stanno seduti sulla vetta dell’Eiger dopo aver vinto la parete nord, mentre voi siate seduti su Corno Grande dopo aver scalato lo Spigolo? 
Dice un proverbio arabo:” A chi possiede la luna, cosa importa se le stelle sono fioche?”
Ognuno di noi,  durante la vita è entrato in possesso della luna, solo che noi non lo sappiamo. Tutti abbiamo la nostra luna, ma noi inseguiamo la fioca luce delle stelle. Se inseguite le stelle allora non potete leggere queste righe, che comunque non sono state scritte per essere lette, almeno non da chiunque. La militanza per anni nel Soccorso Alpino ha profondamente influenzato la mia anima di montanaro e quindi scusatemi se mi  soffermerò forse troppo  sui soccorsi.  Le descrizioni comunque non riflettono i soccorsi più difficili o avventurosi, ma quelli che hanno segnato di più il mio animo. Spesso sono stati proprio quelli più semplici che hanno più significato per me. Ciò è dipeso da come stavo psichicamente in quel momento. Quando ero più triste o sconsolato alcune esperienze si scolpivano più profondamente e rimanevano indelebili. Anzi quelli che ricordo di più non sono quelli in cui mi sono comportato con coraggio ed abnegazione, ma quelli in cui ho dovuto accettare a forza le mie paure e le mie debolezze, che credevo di non avere. Ognuno di noi crede di essere un “Rambo”, ma poi ci si scontra con la realtà ed è duro accettare di essere un uomo normale. Molti non  vedranno nulla di speciale nelle situazioni descritte e quindi il mio rammarico è quello di non  riuscire a esprimere cosa provavo in quei frangenti e come quelle esperienze modellavano continuamente il mio pensiero.  Per anni ho cercato la solitudine in montagna, non ho mai portato la macchina fotografica o la telecamera. Oggi me ne pento. Non ho un amico per ricordare tutto ciò che ho vissuto sui monti, solo alcuni istanti ho condiviso con qualcuno. Oggi che i malanni non mi permettono più di andare sui monti, ho bisogno di questo qualcuno per ricordare tutte le sensazioni che abbiamo provato. Questi fogli serviranno a ricordare a me stesso, non ad altri. A pochi interesseranno. Oggi siamo abituati a leggere e ad assistere scene disperate come se fossero finzioni cinematografiche.  La televisione ci fa assistere a scene raccapriccianti in diretta, ma nessuno se ne preoccupa perché si pensa che quelle scene facciano parte di un film, ma non sono un film, sono la realtà. Quelli non sono  attori che stanno recitando una parte, sono uomini veri, con le loro paure e i loro dubbi, con le loro gioie e i loro dolori. Quello che si vede scorrere non è vernice rossa, ma è sangue e le lacrime non sono procurate dalla cipolla, ma da vero dolore.  Davanti ad un servizio televisivo o ad un telegiornale nessuno più valuta queste cose.  Oggi per essere stimolati abbiamo bisogno di  cose sensazionali, a nessuno più interessa la “normale” morte di un giovane, o le “normali” mutilazioni di un incidente, o i “normali” assassini , o le “normali” violenze perpetrate a danno degli indifesi, o i “normali” cataclismi dove periscono migliaia e migliaia di persone, tutte con un loro cuore e con una speranza, con i loro odi ed i loro amori.  Immaginate quindi cosa possano interessare queste pagine.  Sono descrizioni che chiunque sia andato 50 anni in montagna potrebbe scrivere e credo sicuramente meglio di me che non sono uno scrittore. Io non mi sono mai considerato un rocciatore od un alpinista nel vero senso della parola. Io non ho mai arrampicato per sfidare la montagna o per sfidare me stesso, semmai per provarmi, ma mai per vincere qualcosa o superare qualcuno.  Nel mio animo non ha mai allignato l’agonismo e senza l’agonismo non si fa nulla di importante, in montagna. Senza l’agonismo il rocciatore non può superare l’insuperabile, non può osare l’inosabile. Io non sono mai stato in montagna per raccontare ciò che avevo fatto, o quanto tempo ci avevo messo, anzi questi discorsi mi davano fastidio e del resto, andando solo, non potevo avere una testimonianza di ciò che avrei potuto raccontare, ma la cosa non mi ha mai interessato. Io andavo in montagna senza alcun secondo fine, ci andavo semplicemente perché sentivo che lì era il mio mondo e che qualunque altro ambiente era estraneo per me. Io mi dovevo adattare alla pianura ed alla vita di tutti i giorni, mi dovevo adattare alle comodità a cui tutti aspirano e che possedevo. Dovevo sopportare di non aver freddo o caldo, di non aver mai sete.  Solo quando la bufera soffiava o il  freddo raggelava le ossa e gli animi, solo quando la nebbia oscurava la via, solo quando la notte scendeva sulle paure umane io mi sentivo a mio agio. Credevo di essere nato per quella vita, ma non sono mai stato un rocciatore, perché non ho mai aspirato a superare difficoltà tecniche. Io volevo solo essere sulle rocce ed affacciarmi sugli abissi e se questo vuole dire essere alpinisti, io sono stato un grande alpinista. Poi i malanni articolari mi hanno costretto ad abbandonare le vertigine e le pareti, non sono stato più in grado di scendere con i miei sci nei verticali canaloni dei monti. Mi sono disperato, poi ho deciso che se non potevo camminare, avrei potuto pedalare. Ho attrezzato la bicicletta e sono partito alla scoperta dei deserti di tutto il mondo…..oggi mi manca il Tamataklan per finire….



Ma cominciamo dall’inizio..............


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