Prima o poi ci dovevo arrivare…aivoglia a tentare di far
finta di nulla !!!! Prima o poi sarebbe sorto improvvisamente dalla coscienza ….
Ed ora eccolo li … IL TERREMOTO. Ma non preoccupatevi, parlerò poco del
terremoto della nostra distrutta città, dei morti, della disperazione di un popolo. Del resto molti lettori hanno avuto questa triste esperienza
e molti non sono stati così fortunati,
come me, ad uscirne indenni nonostante che il Terribile avesse fatto di tutto
per far si che ci lasciassi le penne. Ma
questo post è nato da un fatto occasionale, non dalla volontà reale di parlare
del terremoto. Ho accumulato molti scatoloni e casse di tutte le cose che ho
potuto trasportare e le ho sistemate in una stanza di casa di mia madre. Pochi
giorni fa ero intento a cercare l’ultima cosa che chiaramente non riuscivo a
trovare. L’esperienza dei terremotati di tutto il mondo è quella di non trovare
nulla di ciò che si è riusciti a salvare. In quei concitati momenti si mette tutto
alla rinfusa nelle scatole e nei sacchi e si fugge via come ladri, sicuri di
ricordare dove si posizionano le varie cose…..ma è una grossa ingenuità. La
mente, in quelle drammatiche circostanze, non è certo all’altezza di fissare ciò che poi si
vorrebbe ricordare. Per l’ennesima volta aprivo le scatole quasi seccato e
sicuramente rassegnato a comperare nuovamente ciò che cercavo quando, da sotto
il mucchio, ecco un' ultima cassa in cui cercare. La apro con una certa
apprensione e malcelata speranza quando…..eccole li le bottiglie.
Le mie bottiglie ripiene di sabbia dei deserti. Eccoli li i ricordi, compressi come un tappo di champagne che ora esplodevano in aria inondando tutta la stanza. Come un proiettore tridimensionale crea un ologramma, così si materializzavano nel parallelepipedo ristretto della stanza le dune del Thar, le colline sabbiose del Wadi Rumm, le sterminate distese roventi di El Thi. Accarezzavo le bottiglie e, magicamente, come dalla lampada di un genio , così sorgevano reali le piane dell’Amboseli con il Kili, le fiabesche ondulazione del Grande Erg Sahariano e le barcane dell’Erg Ghilane. Le bianche pareti della stanza si dilatavano per fare posto al deserto. Esse si allontanavano da me come un Big Bang e lo spazio si espandeva dilatandosi all’infinito, facendo posto ai ricordi che non hanno confini. Le avevo conservate gelosamente nella mia casa, man mano che le riempivo e che traversavo i deserti e le avevo messe a bella posta sul mobile del ‘600 che era in salotto. Sulla cassapanca, vicino al divano c’erano le pietre delle montagne che avevo salito.
Montagne sacre del Mediterraneo, dell’Africa e dell’Asia, meteoriti, lave, sale… tutto in un grosso vassoio d’argento facevano bella mostra di se. Io mi allungavo sul divano, dopo pranzo e mentre udivo le notizie del tg, guardavo le sabbie e le pietre e la mia mente tornava laggiù, tra le sconfinate lande desertiche, dove l’animo umano si perde solo perché non sa confrontarsi con il NULLA. Rimiravo le pietre dei luoghi sacri, dei terreni vietati agli uomini, montagne di pertinenza degli Dei, del Dio di tutti i viventi, dei Jinn, delle Nuvole, del Sole… e mi perdevo, ogni giorno…. Poi un di tutto tremò, un solo istante. Fuori era il gelo, fu quasi un tremito di freddo della Terra, senza paura… passarono i giorni e le scosse si susseguirono. Io iniziai a interessarmene anche in maniera scientifica e cominciai a tenere sotto controllo le faglie, la profondità, e la quantità di energia liberata. Man mano che passavano i giorni le scosse riducevano i tempi di intervallo, contestualmente aumentando l'energia complessiva e mi resi conto di essere sempre più vicino ad un evento disastroso. Nonostante le rassicurazioni delle autorità, io cominciai a prepararmi. Tutti coloro con cui parlavo deridevano questo comportamento, derivato, a loro detta, dalla paura, ma io non avevo paura, semplicemente mi preparavo all’evento. Forse gli altri avevano paura, talmente terrore da escludere totalmente l’eventualità di una scossa disastrosa. Studiai la mia casa e istruii la mia famiglia in quali punti dovevano ripararsi in caso di grandi scosse. Preparai caschi con lampade frontali per tutti e li misi sulla cassapanca dell’ingresso. Ad ogni presa di corrente inserii lampade che si accendono automaticamente. Dato che abitavo al terzo e quarto piano, preparai imbragature delle varie taglie, misi le corde a portata di mano e preparai più punti di ancoraggio, nel caso di crollo delle scale. La porta blindata rimaneva socchiusa durante la notte ad evitare che ci intrappolasse in caso di deformazione del telaio. La macchina era sempre parcheggiata in zone di sicurezza e dentro c’erano tende, viveri, vestiti, acqua, potabilizzatori, una radiolina. In un sacchetto tutti gli ori di famiglia. Cominciai a parlare, ad ogni occasione, dell’ineluttabilità dell’evento in modo tale che Franca ed Ilaria iniziassero a prepararsi psicologicamente. Quando reputai che le cose stessero precipitando, non tanto secondo considerazione scientifiche , ma piuttosto seguendo il mio istinto, dissi di dormire vestiti con tute, maglioni, lampade. Tutti, a quel punto, sapevano cosa fare in caso di terremoto distruttivo, ma quello che più mi interessava era che erano preparati psicologicamente. Ed una notte, qualche giorno dopo…successe. Dapprima un tremito dolce, come eravamo ormai abituati a convivere, poi accelerò, accelerò, accelerò.....
Partì come un missile
interplanetario. Un urlo agghiacciante come mai lo avevo sentito. Un urlo
terrorizzante più dello scuotimento che aumentava fino a sbattere nella stanza
tutti i mobili, mentre bottiglie,
piatti, bicchieri volavano come nel film di Walt Disney in “Topolino,
apprendista stregone”. Io ero saldamente agganciato alla colonna portante e Franca ,
abbracciata alla mia schiena, sembrava una bandiera che sbatte colpita da venti
di tempesta. Ma l’urlo, quello era ciò che più mi atterrì. La Terra era irata
con gli uomini, gli urlava in faccia la sua rabbia. Come un gigante che ti
affronta in una tenzone, così la Terra prendeva gli uomini, li scuoteva alle
spalle con veemenza inimmaginabile e gli urlava in faccia il suo disappunto.
L’urlo di battaglia più terrificante della storia, nessun esercito umano può
emanare un grido simile. Ilaria aveva perso il suo aggancio e vagava sbattuta
nella stanza evitando tavolo, credenza, divano che sembravano aver preso vita.
Poi, improvvisamente, l’immobilità, il silenzio, assurdo dopo tanto rumore, quasi più pauroso….Un
istante, poi…bisogna agire. Andai a vedere se le scale erano crollate.
Tutti fecero ESATTAMENTE ciò per cui si erano preparati e uscimmo con i caschi in testa e le lampade accese. Io non mi resi conto di quanto avessimo agito velocemente per cui, passando nei piani inferiori e bussando, credetti che già fossero tutti fuori, mentre erano tutti nell’interno degli appartamenti, ancora inebetiti ed atterriti. Mentre scendevamo, i muri attorno a noi crollavano, le scale sconnesse cigolavano e si aprivano crepe sotto i nostri piedi, ma fummo velocemente all’esterno nonostante che sulle scale ci fossero un cumulo di macerie scivolose, come un instabile brecciaio. Franca cadde su questo instabile "brecciaio" e si ferì ad una gamba. E' stato l'unico danno fisico che abbiamo riportato....Tutto era immerso in una nuvola densa di polvere, mista a gas e ad acqua. Era difficile guidare tra le macerie evitando massi e persone che uscivano dai palazzi. Ma non erano uomini, erano zombie, impolverati, insanguinati, barcollanti, urlanti.
Si muovevano come automi, a piccoli passi, sembravano senza vita. Forse il terremoto gli aveva risucchiata l’anima e l’aveva sotterrata nel profondo della faglia che si era aperta e richiusa come una tomba smisurata. Io dovevo salvare la mia famiglia. Erano molto probabili una o più repliche che avrebbero fatto definitivamente crollare ciò che rimaneva e io dovevo portare fuori tutti i miei, lontano dai palazzi, lontano dalle anguste vie della città. Per chi è dell’aquila, avrà sicuramente visto le pietre enormi che erano accumulate davanti al cinema Massimo. Ebbene, una pietra di decine di tonnellate cadde dietro la mia macchina quando passavo e la sfiorò posteriormente lasciando graffi ed ammaccature che non ho mai riparato, per scaramanzia. Bastava un centesimo di secondo di ritardo e….. ma non era arrivato il momento.
Proprio mentre
passavo sotto porta Napoli, ci fu il crollo della porta perché intanto le
repliche di cui avevo paura iniziavano a manifestarsi. Evitai le pietre
scartandole di lato e fui fuori della città. Mi fermai, lasciai tutti lontano
da un distributore e feci benzina. Una scossa terrificante agitò di nuovo la
terra. La pensilina del distributore ondeggiò paurosamente, mentre il muro di cinta si sgretolava come un castello di sabbia colpito dalle onde. Guardi in alto, verso la città. Un fungo di polvere illuminato dalle
lampade al sodio si alzava come lo fu quello di Hiroshima. Non mi dilungo
perché ciò che successe alla città fu lungamento trasmesso dalle TV. Andai dai
miei genitori e attesi i miei amici che intanto iniziavano a connettersi
telefonicamente. Il mio giardino si trasformò in lazzaretto. Feriti, malati,
vecchi, mentre mia madre cucinava ogni genere di conforto. Una giornata uggiosa, triste, dormimmo tutti in macchina. Poi anche per
Scoppito ci fu l’ordine di evacuazione, di andare al campo sportivo dove erano state erette le tende. Io, come Enea,
presi Anchise sulle spalle e portai tutti a Pescara, nella mia casa del mare. Ora
ero libero, non avevo più preoccupazioni. Rientrare a L’Aquila fu più difficile
che agli ebrei di trovare la terra promessa.
8/10 ore di viaggio per tornare da Pescara.
Tutto fermo, camion, gru, scavatrici, ambulanze, sirene, posti di blocco, crolli, ponti pericolanti, gallerie bloccate, treni immobili. Finalmente...ecco la mia casa.
Un muro esterno era totalmente crollato e lasciava vedere l’interno in un caos di muri, di pietre, di mobili rotti, confusi tra i mattoni. I pilastri distrutti come da una bomba inserita in essi, non mi lasciavano molta speranza. Una scossa poteva dargli il colpo di grazia ( La mia casa dovrà essere demolita e ricostruita).
Io avevo un biglietto che mi aveva
dato Franca ed Ilaria con un’elenco di cose che dovevo prendere….scarpe,
vestiti, argenti etc etc. Ero li fuori ed attendevo….
attendevo una scossa. Una scossa che mi avrebbe dato il tempo di salire e scendere senza pericolo, in attesa della successiva. Erano ore che non facevano scosse quindi adesso poteva essere il momento, non poteva tardare, statisticamente. Poi un rumore, un brontolio, un tremito, qualche piastra e qualche mattone rotola giù dai palazzi. E’ ora il momento. Non ricordavo che le scale fossero così mal ridotte.
Forse le tre scosse di 5.5
e le altre innumerevoli attorno alla mag.5 che si erano succedute, gli avevano dato il
colpo di grazia. I muri attorno alle scale erano scomparsi, salivo su macerie.
Il primo piano era totalmente aperto. Non esistevano più i vari appartamenti.
Tutto era un enorme appartamento con mobili ormai comuni tra i vari locali, altri mobili erano volati in strada dalle aperture dei muri, altri erano sulle scale. Ma dove andavo? Dove salivo? Valeva la pena rischiare la vita per prendere qualche bene terreno ? Sapete come il tempo può avere una durata variabile? La relatività insegna che più ci si muove velocemente, più ci si avvicina alla velocità della luce, più il tempo rallenta. Forse io salivo troppo velocemente, per fuggire le prossime scosse, ecco perchè il mio tempo rallentava. Tentavo di comprendere e di scegliere ciò che avrei dovuto portare via. Forse sarebbero state le ultime cose perché il palazzo poteva crollare.
Ma avevo tempo per farlo, il mio tempo rallentava, sempre di più, potevo pensare. Pensavo che solo ieri ero sceso da queste scale. Avevo avuto paura? Forse no, anzi sicuramente no, dapprima perché non ne avevo avuto il tempo, poi perché dovevo agire, e questo mi mette sempre al riparo dalla paura. Quello che mi terrorizza è l’immobilità, non poter fare, combattere, essere succube, imprigionato. Salivo verso un luogo che rappresentava per me il posto dove non avrei più potuto mentire. Li avrei dovuto scegliere cosa portare via. E quello che potevo portare via era ben poca cosa. Sembra un problema da poco quando si ha tutto, quando si può scegliere ora una cosa ed un minuto dopo un’altra cosa, ma ora il destino mi dava una sola possibilità. Insieme alla mia casa, crollava la mia sicurezza, crollavano i tabù, i progetti, i sogni.
Solo ora, mentre salivo in un tempo senza tempo, in un etere offuscato come in una tempesta di sabbia, mi chiedevo quanto la mia tenera carne potesse resistere all’impatto del mio rifugio, della mia casa che improvvisamente era diventata un nemico. Le pietre affioranti che un tempo avevano diviso il “fuori”, cattivo, dal “dentro” buono, ora erano diventati soldati nemici che attendevano solo l’ordine della Terra per scatenarsi contro di me. Odiavo questa fragile casa che credevo indistruttibile. Quante sicurezze crollavano mentre salivo verso i piani alti.
Ma se un muro di cemento armato è così fragile, io come sono? Questa è la domanda che mi frullava nel cervello. Mi erano giunte notizie di molti morti, forse anche mio cugino ( poi notizia confermata). Pensavo a quanto siamo legati indissolubilmente al destino, quanto un nonnulla possa trasformare la vita in morte e viceversa, a quanto ci affanniamo per ottenere cosa? Ci affanniamo a correre verso dove ? Forse solo verso il nostro traguardo comune….”a livella”. Ma ora per me “ a livella” ancora non aveva piallato la mia vita. Ancora ce l’avevo saldamente sulle spalle e la portavo con me.
Dovevo prendere le cose indispensabili. La porta ancora aperta, tutto alla rinfusa, armadi vuoti, bottiglie rotte, odore di liquori gettati sui muri come un dispetto di giovani malintenzionati. I vestiti dentro l’armadio? Alla prima anta …. ma dov’è l’anta? Dov’è l’armadio? I documenti dentro il secondo cassetto….ma dove sarà andato a finire il cassetto? Vestiti sul pavimento, scarpe, lampade in un inferno inestricabile. Cosa trovare? Solo il divano era ancora li, al suo posto quasi per miracolo. Mi sdraio un istante, con il cuore in tumulto, attendo la scossa definitiva, i muscoli tesi, un affanno innaturale. Cosa porto via? E’ inutile scendere con quello che si può riacquistare, devo trovare qualcosa di veramente prezioso, di unico, di introvabile. Quello che potrei rimpiangere per sempre, se lo perdessi…Ecco, sto sdraiato, come prima del sisma in un giorno qualunque, guardo le mie sabbie…ma dove sono? Non c’è nemmeno il mobile. Un tuffo al cuore…ma poi uno spiraglio di luce. Prevedendo la scossa avevo sistemate le bottiglie di vetro delle sabbie in un cesto all’angolo, sotto un robusto portariviste. Mi ci tuffo sopra….sono li intatte. Ecco cosa devo salvare. Le pietre invece sono sparse sul pavimento insieme a tutto ciò che poteva uscire dai mobili, in mezzo a vetri, ceramiche, terracotte, tutto rotto e frullato.
Le ritrovo, una ad una. Questo è il mio passato….le foto, anche questo è il mio passato, ma non so dove siano andate a finire. Ma ho l’hard disk dove moltissime sono state digitalizzate ed è in mansarda. La porta del mio studiolo è bloccata dai crolli interni. Ho difficoltà evidenti a trovarlo, in un cumulo di cose irriconoscibili, ma poi eccolo li, lo smonto e lo porto giù. Ora ho il mio passato, i miei deserti, le mie montagne, le mie foto, ma cosa ne sarà mai di me? Di noi? Cosa ci attende nel futuro? Qualunque cosa ci attenda, il futuro va vissuto, altrimenti è meglio abbandonare. E bisogna viverlo nel migliore dei modi, magari con le vecchie abitudini, con gli hobby, che rappresentano la vittoria contro il terremoto. Gli hobby sono quello che di più inutile possa inventarsi l’uomo, ma è quello che distingue l’uomo dalle bestie. Gli hobby non servono economicamente, servono solo a nutrire la mente, quella stessa mente che il terremoto ha tentato di distruggere.
Ed eccolo li il mio
hobby più importante, il mio telescopio. Rappresenta la voglia di continuare,
rappresenta il veicolo che mi può portare lontano, più lontano di
un’automobile, più velocemente di un razzo. Lasciare li il telescopio
significherebbe arrendersi al terremoto. Egli non deve vincere. Io ora ho il
mio passato e il mio futuro. Avevo fatto questa scelta senza pensare, lasciando
scegliere al cuore, non al cervello. Questo fallirebbe quando si deve scegliere l’ESSENZIALE.
La
razionalità ci consiglierebbe di prendere i preziosi argenti settecenteschi,
gli arazzi, i quadri seicenteschi, i libri del 1500, magari i documenti delle banche,
tutte cose che hanno un valore economico, ma rappresentano solo quello che
valgono. Quando tutto ti crolla addosso, e non solo i muri, quando credi di
aver perso tutto, allora l’unica cosa che può salvarti è scrutare nel tuo cuore
alla ricerca di quello che per te è veramente l’ESSENZIALE. Solo quello è lo
scudo contro colui che ti ha tolto tutto, ma che non deve riuscire a toglierti
la dignità, il futuro. Ora sono qui, dentro una casa che potrebbe crollare, una
città distrutta, amici morti, un futuro incerto….questa è la realtà….ma questa
è la realtà? I cinque sensi mi comunicano una verità terribile.
Ma ecco “Il Piccolo Principe”, il libro ancora a terra nella camera da letto, era perennemente sul mio comodino. “...Non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi. ” . L’essenza non può essere percepita con i sensi fallaci, la fantasia è l’unica cosa che può aiutarmi a percepire quella parte della realtà che è invisibile. Solo la fantasia mi permetterà di superare questa terrificante e disumana realtà e di conoscere quella parte che si cela oltre il velo fallace dell’apparenza. Il mondo attorno a me è permeato di realtà oscura, come oscura è la materia che permea l’universo e che tiene insieme il cosmo.
Una materia imperscrutabile, ignota, ma la cui
esistenza è necessaria per far si che il cosmo sia quello che è, altrimenti
tutto crollerebbe. Ed ecco che in soccorso della mia anima smarrita ed impaurita
arrivano tenui grani di roccia racchiusi in fragili bottiglie di vetro miracolosamente intatte
dopo la scossa che tutto ha distrutto. Essi sanno di vento libero di correre
tra i monti e gli wadi, di notti insieme alle stelle, di pedalate in piane
sconfinate, di folletti che popolano gli erg e gli chott, di giorni in
solitudine ma pieni di compagni, di caldo soffocante ma che rinfresca la mia
anima, di arsura che appiccica la lingua al palato, ma che disseta il mio
inconscio.
Ecco anche le rocce, pezzi di leggende che mi ricordano chi siamo e da dove proveniamo. Una biblioteca solida, minerale, ma in cui è scritto indelebilmente l’origine degli dei e dell’uomo, il suo passato, il suo presente e che ci ammonisce sul nostro futuro.
Rocce che provengono dalle vette dell’Africa dove il dio delle nuvole ( Kilimangiaro) elargisce magnanimamente la vita, dalle vette dell’Asia dove Shiva e Parvati ballando e cantando con le vibrazioni creano il mondo ed il cosmo. Rocce che hanno visto il Signore scendere nella mente degli uomini, rocce che hanno cullato la nascita di Zeus. Rocce che provengono dalle più remote lande del cosmo, meteoriti che hanno visto mondi nascere e morire ed ora sono tra le mie mani.
Ora so perché sono salito sfidando la sorte. Forse inizialmente ero all’oscuro del vero motivo. Volevo una ragione per sperare ancora, ma non sapevo dove trovarla. Seguivo il mio istinto, quell’istinto che mai mi ha ingannato e che anzi, mi ha salvato molte volte, ed anche questa volta ha avuto ragione, non sbaglia mai…lui, non si fa ingannare dalla ragione…lui. Trovo uno zaino, metto tutto dentro, lego il telescopio con fettucce e scendo tra le macerie. Ora può anche crollare tutto, il terremoto può scatenare ancora la sua furia, la sua rabbia. Io ho salvato tutto l’Essenziale, non mi serve più nulla…sono felice..............................
........Mia madre mi chiama, vuole sapere se ho trovato ciò che cercavo.
Mi sveglio dal sogno , chiudo la cassa e i ricordi rientrano nelle
bottiglie, ognuno al suo posto. I ricordi, fragili come ali di farfalle,
scompaiono al di la del soffitto appena accesa la luce, volando sulle nubi, e si
disperdono nel deserto…
PS: a margine del post mi sento in dovere di precisare una cosa, dato che spesso continuo a sentire e vedere scritto che piccole scosse di terremoto “scaricano” energia e quindi tolgono potenza ad un eventuale terremoto più importante. Passando da una magnitudo ad un’altra c’è un incremento di energia di 32 volte. Anche Chiunque potrà farsi i conti da solo, sono molto semplici. Comunque un breve calcolo. Quanti terremoti di M 2,5 debbono accadere per scaricare l’energia del nostro terremoto di magnitudo 6.3?
Il calcolo è presto
fatto. La differenza di magnitudo è (6.3-2.5)=3.8. Quindi bisogna elevare 32
alla potenza di 3.8. 32 elev a 3.8= 524.288. Con 10 scosse
al giorno di 2.5 (cioè molte di più di quelle che facevano appena prima del nostro terremoto) ci
sarebbero voluti circa 150 anni per scaricare l’energia….MEDIATE
gente….MEDITATE. Da parte delle istituzioni dire di non preoccuparsi perché un terremoto sta
perdendo energia è ignoranza o malafede? NON POSSO PENSARE SIA IGNORANZA. Una sola considerazione sulla Commissione grandi Rischi sulla cui condanna ci sono state infinite polemiche. "I terremoti non si possono prevedere". Ebbene...se non si può sapere quando accadranno, come si fa a sapere che NON accadranno?
Le mie bottiglie ripiene di sabbia dei deserti. Eccoli li i ricordi, compressi come un tappo di champagne che ora esplodevano in aria inondando tutta la stanza. Come un proiettore tridimensionale crea un ologramma, così si materializzavano nel parallelepipedo ristretto della stanza le dune del Thar, le colline sabbiose del Wadi Rumm, le sterminate distese roventi di El Thi. Accarezzavo le bottiglie e, magicamente, come dalla lampada di un genio , così sorgevano reali le piane dell’Amboseli con il Kili, le fiabesche ondulazione del Grande Erg Sahariano e le barcane dell’Erg Ghilane. Le bianche pareti della stanza si dilatavano per fare posto al deserto. Esse si allontanavano da me come un Big Bang e lo spazio si espandeva dilatandosi all’infinito, facendo posto ai ricordi che non hanno confini. Le avevo conservate gelosamente nella mia casa, man mano che le riempivo e che traversavo i deserti e le avevo messe a bella posta sul mobile del ‘600 che era in salotto. Sulla cassapanca, vicino al divano c’erano le pietre delle montagne che avevo salito.
Montagne sacre del Mediterraneo, dell’Africa e dell’Asia, meteoriti, lave, sale… tutto in un grosso vassoio d’argento facevano bella mostra di se. Io mi allungavo sul divano, dopo pranzo e mentre udivo le notizie del tg, guardavo le sabbie e le pietre e la mia mente tornava laggiù, tra le sconfinate lande desertiche, dove l’animo umano si perde solo perché non sa confrontarsi con il NULLA. Rimiravo le pietre dei luoghi sacri, dei terreni vietati agli uomini, montagne di pertinenza degli Dei, del Dio di tutti i viventi, dei Jinn, delle Nuvole, del Sole… e mi perdevo, ogni giorno…. Poi un di tutto tremò, un solo istante. Fuori era il gelo, fu quasi un tremito di freddo della Terra, senza paura… passarono i giorni e le scosse si susseguirono. Io iniziai a interessarmene anche in maniera scientifica e cominciai a tenere sotto controllo le faglie, la profondità, e la quantità di energia liberata. Man mano che passavano i giorni le scosse riducevano i tempi di intervallo, contestualmente aumentando l'energia complessiva e mi resi conto di essere sempre più vicino ad un evento disastroso. Nonostante le rassicurazioni delle autorità, io cominciai a prepararmi. Tutti coloro con cui parlavo deridevano questo comportamento, derivato, a loro detta, dalla paura, ma io non avevo paura, semplicemente mi preparavo all’evento. Forse gli altri avevano paura, talmente terrore da escludere totalmente l’eventualità di una scossa disastrosa. Studiai la mia casa e istruii la mia famiglia in quali punti dovevano ripararsi in caso di grandi scosse. Preparai caschi con lampade frontali per tutti e li misi sulla cassapanca dell’ingresso. Ad ogni presa di corrente inserii lampade che si accendono automaticamente. Dato che abitavo al terzo e quarto piano, preparai imbragature delle varie taglie, misi le corde a portata di mano e preparai più punti di ancoraggio, nel caso di crollo delle scale. La porta blindata rimaneva socchiusa durante la notte ad evitare che ci intrappolasse in caso di deformazione del telaio. La macchina era sempre parcheggiata in zone di sicurezza e dentro c’erano tende, viveri, vestiti, acqua, potabilizzatori, una radiolina. In un sacchetto tutti gli ori di famiglia. Cominciai a parlare, ad ogni occasione, dell’ineluttabilità dell’evento in modo tale che Franca ed Ilaria iniziassero a prepararsi psicologicamente. Quando reputai che le cose stessero precipitando, non tanto secondo considerazione scientifiche , ma piuttosto seguendo il mio istinto, dissi di dormire vestiti con tute, maglioni, lampade. Tutti, a quel punto, sapevano cosa fare in caso di terremoto distruttivo, ma quello che più mi interessava era che erano preparati psicologicamente. Ed una notte, qualche giorno dopo…successe. Dapprima un tremito dolce, come eravamo ormai abituati a convivere, poi accelerò, accelerò, accelerò.....
L'orologio fermo alle ore 3.32 |
Tutti fecero ESATTAMENTE ciò per cui si erano preparati e uscimmo con i caschi in testa e le lampade accese. Io non mi resi conto di quanto avessimo agito velocemente per cui, passando nei piani inferiori e bussando, credetti che già fossero tutti fuori, mentre erano tutti nell’interno degli appartamenti, ancora inebetiti ed atterriti. Mentre scendevamo, i muri attorno a noi crollavano, le scale sconnesse cigolavano e si aprivano crepe sotto i nostri piedi, ma fummo velocemente all’esterno nonostante che sulle scale ci fossero un cumulo di macerie scivolose, come un instabile brecciaio. Franca cadde su questo instabile "brecciaio" e si ferì ad una gamba. E' stato l'unico danno fisico che abbiamo riportato....Tutto era immerso in una nuvola densa di polvere, mista a gas e ad acqua. Era difficile guidare tra le macerie evitando massi e persone che uscivano dai palazzi. Ma non erano uomini, erano zombie, impolverati, insanguinati, barcollanti, urlanti.
Si muovevano come automi, a piccoli passi, sembravano senza vita. Forse il terremoto gli aveva risucchiata l’anima e l’aveva sotterrata nel profondo della faglia che si era aperta e richiusa come una tomba smisurata. Io dovevo salvare la mia famiglia. Erano molto probabili una o più repliche che avrebbero fatto definitivamente crollare ciò che rimaneva e io dovevo portare fuori tutti i miei, lontano dai palazzi, lontano dalle anguste vie della città. Per chi è dell’aquila, avrà sicuramente visto le pietre enormi che erano accumulate davanti al cinema Massimo. Ebbene, una pietra di decine di tonnellate cadde dietro la mia macchina quando passavo e la sfiorò posteriormente lasciando graffi ed ammaccature che non ho mai riparato, per scaramanzia. Bastava un centesimo di secondo di ritardo e….. ma non era arrivato il momento.
La strada passa a dx della porta lo dove c'è il muro crollato al mio passaggio |
Tutto fermo, camion, gru, scavatrici, ambulanze, sirene, posti di blocco, crolli, ponti pericolanti, gallerie bloccate, treni immobili. Finalmente...ecco la mia casa.
Un muro esterno era totalmente crollato e lasciava vedere l’interno in un caos di muri, di pietre, di mobili rotti, confusi tra i mattoni. I pilastri distrutti come da una bomba inserita in essi, non mi lasciavano molta speranza. Una scossa poteva dargli il colpo di grazia ( La mia casa dovrà essere demolita e ricostruita).
I puntellamenti per evitare il crollo |
attendevo una scossa. Una scossa che mi avrebbe dato il tempo di salire e scendere senza pericolo, in attesa della successiva. Erano ore che non facevano scosse quindi adesso poteva essere il momento, non poteva tardare, statisticamente. Poi un rumore, un brontolio, un tremito, qualche piastra e qualche mattone rotola giù dai palazzi. E’ ora il momento. Non ricordavo che le scale fossero così mal ridotte.
Le scale successivamente liberate dalle macerie e puntellate |
Tutto era un enorme appartamento con mobili ormai comuni tra i vari locali, altri mobili erano volati in strada dalle aperture dei muri, altri erano sulle scale. Ma dove andavo? Dove salivo? Valeva la pena rischiare la vita per prendere qualche bene terreno ? Sapete come il tempo può avere una durata variabile? La relatività insegna che più ci si muove velocemente, più ci si avvicina alla velocità della luce, più il tempo rallenta. Forse io salivo troppo velocemente, per fuggire le prossime scosse, ecco perchè il mio tempo rallentava. Tentavo di comprendere e di scegliere ciò che avrei dovuto portare via. Forse sarebbero state le ultime cose perché il palazzo poteva crollare.
Ma avevo tempo per farlo, il mio tempo rallentava, sempre di più, potevo pensare. Pensavo che solo ieri ero sceso da queste scale. Avevo avuto paura? Forse no, anzi sicuramente no, dapprima perché non ne avevo avuto il tempo, poi perché dovevo agire, e questo mi mette sempre al riparo dalla paura. Quello che mi terrorizza è l’immobilità, non poter fare, combattere, essere succube, imprigionato. Salivo verso un luogo che rappresentava per me il posto dove non avrei più potuto mentire. Li avrei dovuto scegliere cosa portare via. E quello che potevo portare via era ben poca cosa. Sembra un problema da poco quando si ha tutto, quando si può scegliere ora una cosa ed un minuto dopo un’altra cosa, ma ora il destino mi dava una sola possibilità. Insieme alla mia casa, crollava la mia sicurezza, crollavano i tabù, i progetti, i sogni.
Solo ora, mentre salivo in un tempo senza tempo, in un etere offuscato come in una tempesta di sabbia, mi chiedevo quanto la mia tenera carne potesse resistere all’impatto del mio rifugio, della mia casa che improvvisamente era diventata un nemico. Le pietre affioranti che un tempo avevano diviso il “fuori”, cattivo, dal “dentro” buono, ora erano diventati soldati nemici che attendevano solo l’ordine della Terra per scatenarsi contro di me. Odiavo questa fragile casa che credevo indistruttibile. Quante sicurezze crollavano mentre salivo verso i piani alti.
L'appartamento, liberato dalle macerie, appare ancora più spettrale. Le porte si innalzano come alberi secchi in un deserto..... |
Ma se un muro di cemento armato è così fragile, io come sono? Questa è la domanda che mi frullava nel cervello. Mi erano giunte notizie di molti morti, forse anche mio cugino ( poi notizia confermata). Pensavo a quanto siamo legati indissolubilmente al destino, quanto un nonnulla possa trasformare la vita in morte e viceversa, a quanto ci affanniamo per ottenere cosa? Ci affanniamo a correre verso dove ? Forse solo verso il nostro traguardo comune….”a livella”. Ma ora per me “ a livella” ancora non aveva piallato la mia vita. Ancora ce l’avevo saldamente sulle spalle e la portavo con me.
Dovevo prendere le cose indispensabili. La porta ancora aperta, tutto alla rinfusa, armadi vuoti, bottiglie rotte, odore di liquori gettati sui muri come un dispetto di giovani malintenzionati. I vestiti dentro l’armadio? Alla prima anta …. ma dov’è l’anta? Dov’è l’armadio? I documenti dentro il secondo cassetto….ma dove sarà andato a finire il cassetto? Vestiti sul pavimento, scarpe, lampade in un inferno inestricabile. Cosa trovare? Solo il divano era ancora li, al suo posto quasi per miracolo. Mi sdraio un istante, con il cuore in tumulto, attendo la scossa definitiva, i muscoli tesi, un affanno innaturale. Cosa porto via? E’ inutile scendere con quello che si può riacquistare, devo trovare qualcosa di veramente prezioso, di unico, di introvabile. Quello che potrei rimpiangere per sempre, se lo perdessi…Ecco, sto sdraiato, come prima del sisma in un giorno qualunque, guardo le mie sabbie…ma dove sono? Non c’è nemmeno il mobile. Un tuffo al cuore…ma poi uno spiraglio di luce. Prevedendo la scossa avevo sistemate le bottiglie di vetro delle sabbie in un cesto all’angolo, sotto un robusto portariviste. Mi ci tuffo sopra….sono li intatte. Ecco cosa devo salvare. Le pietre invece sono sparse sul pavimento insieme a tutto ciò che poteva uscire dai mobili, in mezzo a vetri, ceramiche, terracotte, tutto rotto e frullato.
Le ritrovo, una ad una. Questo è il mio passato….le foto, anche questo è il mio passato, ma non so dove siano andate a finire. Ma ho l’hard disk dove moltissime sono state digitalizzate ed è in mansarda. La porta del mio studiolo è bloccata dai crolli interni. Ho difficoltà evidenti a trovarlo, in un cumulo di cose irriconoscibili, ma poi eccolo li, lo smonto e lo porto giù. Ora ho il mio passato, i miei deserti, le mie montagne, le mie foto, ma cosa ne sarà mai di me? Di noi? Cosa ci attende nel futuro? Qualunque cosa ci attenda, il futuro va vissuto, altrimenti è meglio abbandonare. E bisogna viverlo nel migliore dei modi, magari con le vecchie abitudini, con gli hobby, che rappresentano la vittoria contro il terremoto. Gli hobby sono quello che di più inutile possa inventarsi l’uomo, ma è quello che distingue l’uomo dalle bestie. Gli hobby non servono economicamente, servono solo a nutrire la mente, quella stessa mente che il terremoto ha tentato di distruggere.
Il mio gioiello Astrophysics 155 edf |
I VVFF che successivamente salirono con me, ogni volta mi chiedevano quanti morti ci fossero stati nel palazzo e non si spiegavano come fossimo rimasti tutti vivi e neppure feriti |
Ma ecco “Il Piccolo Principe”, il libro ancora a terra nella camera da letto, era perennemente sul mio comodino. “...Non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi. ” . L’essenza non può essere percepita con i sensi fallaci, la fantasia è l’unica cosa che può aiutarmi a percepire quella parte della realtà che è invisibile. Solo la fantasia mi permetterà di superare questa terrificante e disumana realtà e di conoscere quella parte che si cela oltre il velo fallace dell’apparenza. Il mondo attorno a me è permeato di realtà oscura, come oscura è la materia che permea l’universo e che tiene insieme il cosmo.
La nebulosa M42 di Orione fotografata con il mio 155 edf |
Ecco anche le rocce, pezzi di leggende che mi ricordano chi siamo e da dove proveniamo. Una biblioteca solida, minerale, ma in cui è scritto indelebilmente l’origine degli dei e dell’uomo, il suo passato, il suo presente e che ci ammonisce sul nostro futuro.
Rocce che provengono dalle vette dell’Africa dove il dio delle nuvole ( Kilimangiaro) elargisce magnanimamente la vita, dalle vette dell’Asia dove Shiva e Parvati ballando e cantando con le vibrazioni creano il mondo ed il cosmo. Rocce che hanno visto il Signore scendere nella mente degli uomini, rocce che hanno cullato la nascita di Zeus. Rocce che provengono dalle più remote lande del cosmo, meteoriti che hanno visto mondi nascere e morire ed ora sono tra le mie mani.
Un meteorite, raccolto nel Sahara. Questa roccia conosce segreti che noi stiamo affannosamente studiando, ed ora è nelle mie mani.... |
Ora so perché sono salito sfidando la sorte. Forse inizialmente ero all’oscuro del vero motivo. Volevo una ragione per sperare ancora, ma non sapevo dove trovarla. Seguivo il mio istinto, quell’istinto che mai mi ha ingannato e che anzi, mi ha salvato molte volte, ed anche questa volta ha avuto ragione, non sbaglia mai…lui, non si fa ingannare dalla ragione…lui. Trovo uno zaino, metto tutto dentro, lego il telescopio con fettucce e scendo tra le macerie. Ora può anche crollare tutto, il terremoto può scatenare ancora la sua furia, la sua rabbia. Io ho salvato tutto l’Essenziale, non mi serve più nulla…sono felice..............................
I VVFF salgono con le scale per stabilire la stabilità del palazzo |
La tendopoli di Acquasanta dove sono stato per più di un anno |
PS: a margine del post mi sento in dovere di precisare una cosa, dato che spesso continuo a sentire e vedere scritto che piccole scosse di terremoto “scaricano” energia e quindi tolgono potenza ad un eventuale terremoto più importante. Passando da una magnitudo ad un’altra c’è un incremento di energia di 32 volte. Anche Chiunque potrà farsi i conti da solo, sono molto semplici. Comunque un breve calcolo. Quanti terremoti di M 2,5 debbono accadere per scaricare l’energia del nostro terremoto di magnitudo 6.3?
iL MIO AMBULATORIO PER UN ANNO IN UN CONTAINER IN UNA UGGIOSA GIORNATA DI NEVE |
Questo fa ancora male...Saluti C.
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