domenica 8 aprile 2012

"LA MONTAGNA DA CUI SI VEDE TUTTO " : IL TOUBKAL (4167 M)



Il Toubkal è una grande montagna, un 4000, in una catena gigantesca, il Grande Atlante marocchino, ed è  alla portata di escursionisti ben allenati. Ma se parti senza cartina, senza informazioni sull’itinerario, senza bussola, solo con i tuoi piedi, senza sapere dove andare, lontano dai sentieri battuti, inventandoti e scoprendo l’itinerario ogni momento che avanzi, sbagliando e tornando indietro, allora diventa una spedizione dal sapore ottocentesco……






Per scelta, quindi,  non ho alcuna documentazione ne carta topografica, non ho la più pallida idea dove devo andare, l'unica cosa che so è che il paese da cui partirò si chiama Imlil. La fortuna ha voluto farmi incontrare un tassista che conosce molto bene la catena. Alle 4 del mattino mi viene a prendere.

La nostra meta è Imlil, un misero villaggio alla base dell’Atlante, che si raggiunge dopo 50 km di strada asfaltata e 20 km di pista.


Dire pista è ben poca cosa. Sarebbe meglio dire sentiero, che il mio amico percorre senza battere ciglio con la sua lussuosa Mercedes, sfiorando precipizi abissali e fiumi impetuosi, frane paurose e massi appena caduti nel bel mezzo del sentiero. Mi aspetterà per tutto il giorno ad Imlil. Gli ho dato il tempo massimo fino alle ore 21. Poi potrà andare via perché significa che io avrò deciso di dormire sul monte. Visto che io sono un turista, ha pensato di chiedermi l’enorme cifra di 80.000 lire, tanto per approfittare della situazione. Se sapesse quando mi sarebbe costato un taxi in Italia per la stessa prestazione !!!(In pratica è stato a mia disposizione per 24 h percorrendo più di 200 km). Inoltre se fossimo stati un quattro la spesa si sarebbe divisa.

Imlil è situato dove la valle restringe e precipita ed è composto da vari raggruppamenti di case abbarbicate alle rocce. Salgo subito superando in un bosco di ulivi la zona più impervia, salendo a ripide svolte su un sentiero impressionante

Sbocco in pianura nella parte alta, dove il fiume ha lasciato un letto ghiaioso e dove si affaccia un altro villaggio dal nome impronunciabile.

 Supero la fiumana  ed inizio a salire la valle su un ottimo sentiero. Sopra di me i monti si innalzano fino al cielo e credo che quelli siano i più alti. Vado a naso non sapendo minimamente dove sto andando. L’Atlante non è un monte, ma una catena più vasta delle Alpi, con decine di cime superiori ai 4000 m.

 Dalla valle ci possono essere gravi errori di valutazione perché la prospettiva inganna. Mi sento un po come Balmat e Paccard al M. Bianco quando non sapevano come salire il monte ed in questa ambiguità mi trovo a mio agio. Comunque non devo sbagliare perché non avrei modo di poter rimediare all’errore, in giornata. Le valli partono dal più profondo della terra ed assurgono alle massime quote d’un solo sbalzo per cui tornare indietro e risalire è una fatica improba. Mi rendo conto ben presto che questi enormi ed impenetrabili monti sono invece abitati da una razza fiera e perfettamente adattata all’ambiente, sono i Berberi.
Numerosi sentieri si dipartono da ogni dove, ma non so dove conducono. Successivamente ho scoperto che portano a villaggi appollaiati come nidi di aquile su rocce precipiti. I villaggi non si notano a meno di non sapere il punto preciso perché sono costruiti con le pietre del monte e con il fango della terra.
Per tale ragione sono perfettamente mimetizzati e non si notano fino a  quando non si giunge presso di essi. Percorro per qualche tempo un magnifico sentiero che mi porta ben presto in quota verso la cima che credo sia il Toubkal fino ad incontrare a circa 2900 m. d’altezza un villaggio berbero abitato per cui posso chiedere se il mio cammino è giusto. Mi indicano la direzione che devo seguire per cui mi incammino rincuorato. A circa 3100 m. incontro una carovana di asini che trasportano carichi assurdi. Indovinate chi li guida?

 Li guidano quattro o cinque bimbetti di 7\10 anni che li incitano a camminare. Andranno ad un villaggio al di la di un passo a 3900 m. di quota. Provengono da Imlil e per sera torneranno a casa. Questa giostra si ripete ogni giorno fino al sopraggiungere della neve che bloccherà il passo. Pensate un po di cosa saranno capaci di fare da grande questi bimbi che tutti i giorni percorrono 40 km e 6000 metri di dislivello a 4000 m. di altezza!! Altro che alpinisti!! Li lascio indietro con una certa difficoltà sia per la velocità che portavano sia maggiormente perché anche i bimbi berberi, come gli adulti, sono estremamente espansivi ed è difficile separarsi da loro. Vorrei sapere come vivono e cosa pensano della loro vita e non è facile interrompere il colloquio, ma devo andare perché il cammino è molto lungo e non so dove andare. Non bisogna mai dire ad un berbero che è tardi e quindi che bisogna andare. Per loro il tempo non esiste e non potranno mai capire la ragione di tanta fretta. Tutto si può fare domani……o più tardi, magari dopo aver bevuto del tè alla menta. Cosa cambia dopotutto? Qui tutto è immutabile, come nel deserto. Solo perdendosi in questi monti si possono capire queste cose. Intanto i monti che parevano altissimi, ora, salendo si trovano sotto di me. Ho lasciato il sentiero sempre più popolato da carovane e  mi sono incamminato in un brecciaio assurdo, con pietre gradi come un pallone da calcio che fortunatamente non si muovono.

 Guadagno rapidamente quota anche se la fatica comincia a farsi sentire sia per la lunghezza del percorso, sia per la quota. Mi trovo infatti a 3400 m. ed ho già percorso almeno 20 km tra questi immensi monti.

Ora le montagne diventano picchi vertiginosi e mi assale il dubbio di non riuscire a salire ulteriormente. Tutto si distende ai miei piedi. La valli profonde ormai sembrano altri mondi. Il cielo chiaro  e foscoso della pianura è ora di un bleu profondo che contrasta con il nero delle pareti e delle creste frastagliate.

Flebili  e freschi rigagnoli rassicurano l’alpinista. Qui non c’è sete come nel deserto. Si incontrano spesso questi deboli, ma chiari e ciarlieri ruscelletti che si perdono presto tra le rocce, ma che ricompaiono poi nel fondo della valle che scende ripida alla pianura. Ogni tanto incontro un piccolo ripiano dove un po’ di erba può tentare di crescere e dove il ruscelletto di turno può formare un piccolo laghetto.

Qui puntuali spuntano caprette minuscole e scattanti. Ho seri dubbi se queste caprette appartengano alla razza caprina o ai felini. Avete mai visto voi le capre che si arrampicano su  alberi che sarebbero difficile da scalare anche per gli uomini provvisti di braccia e mani? Io le ho viste nel deserto dove l’unica fonte di sostentamento è l’albero di acacia. Sembrano cornacchie appollaiate sui rami, intente come sono a brucare le misere spine. Qualche pastore sale in lontananza insieme al suo gregge. Scorgo finalmente un sentiero che sembra salire verso quello che io credo sia la cima più alta.

Sicuramente sono sulla buona strada perché il sentiero sembra frequentato da alpinisti multicolori, ben distinguibili dai miseri Berberi delle montagne. Ma io non posso mescolarmi con essi, non posso immergermi di nuovo nel mondo da cui provengo. Penso quindi di tirare diritto alla cima, tenendomi sul versante sud della montagna ed allontanandomi dal sentiero che invece sale sulla sinistra del monte, verso nord. 

 Mi trovo a 3900 m. e  fatico non poco a salire sull’immensa pietraria che porta alla cima, mentre pareti verticali mi scortano, sui lati, fino al cielo.…3950… 4000 m.

 Sembra un traguardo, 4000 m., ma è solo una convenzione umana, qui non significa nulla. Devo salire ancora, 4050…poi arrampicando su una cresta affilata ed aerea che infine  si allarga e sono sulla cima, 4090 m.
Non c’è nessuno, meno male, sono solo. Certamente che sono solo!! Perché ho sbagliato montagna!! Non è il Toubkal, ma il Ras Ouanoukrim, che è pur sempre una bella cima, ma non è il Toubkal. Vedo un monte di un soffio più alto, pieno di gente, quello è il Toubkal.
Solo che tra me e quella cima c’è una valle che credo sia circa a 3200 m. Devo quindi scendere, aggirare il monte, salire sulla sella e quindi sul Toubkal.
Non mi tolgo neppure lo zaino e ripercorro la cresta come un funambolo e mi getto di nuovo sulla pietraia cercando di aggirare la cima sulla sinistra senza perdere eccessiva quota. Fortunatamente incontro un pastore con il suo immancabile gregge di capre che mi indica la direzione tra quelle sconfinate pietraie.
                          (Il pastore, con alcune pecore e capre, si confonde con la pietraia)
Qui è come sui nostri monti, quindi mi trovo a mio agio, ma tutto è moltiplicato per quattro. Intanto il cielo si è rannuvolato, come tutti pomeriggi quando l’aria calda del deserto sale e condensa la sua misera umidità nella fredda aria delle cime. Nebbie lievi corrono sopra e sotto di me oscurando per qualche momento la visibilità. Se dovesse addensarsi non saprei dove andare, quindi devo in ogni caso ritrovare il sentiero ufficiale che porta alla cima. Il pastore mi consiglia di seguire le caprette che si porteranno sul sentiero per poi scendere al rifugio Nelter (3200 m.).
                      (La pietraia, sullo sfondo il Timesguida ed il Ras  n' Ouanoukrim)
 Forse voi non lo sapete, ma quelle caprette sono le figlie di Kammerlander e le nipoti di Messner per cui ben presto mi ritrovo a traversare in leggera discesa su una parete verticale con minuscoli appigli per di più coperti da scivoloso brecciolino e su cui la capre passeggiano tranquille come fossero su un’autostrada. Finalmente, dopo aver mandato a quell’altro paese le caprette ed essere disceso fin quasi al rifugio, metto piede sul sentiero che porta alla cima.

 Ben presto incontro i primi gruppi di alpinisti e quindi dei turisti. Dovete sapere che ad Imlil ci sono numerose guide Berbere che hanno  il brevetto di guida  del Club Alpin Francaise, quindi hanno fatto gli stessi corsi delle guide di Chamonix ed hanno la medesima preparazione.

Mi fermo a parlare con una guida che sta aspettando che alcuni membri del suo gruppo riprendano fiato per continuare la discesa. Mi spiega che la salita al Toubkal inizia ad Imlil ed il primo giorno ci si porta al rifugio, aiutati dai muli che trasportano gli zaini, quindi il secondo giorno si sale sulla cima. Qui le cose si dividono: per gli alpinisti c’è la discesa fino ad Imlil, mentre per i montanari meno smaliziati si dorme ancora al rifugio e quindi il terzo giorno si ritorna ad Imlil.

Mi dice che se andrò sulla cima non potrò mai tornare ad Imlil  prima della tarda notte e si stupisce di vedere un non Berbero quassù, salito direttamente da Imlil. Se sapesse che sono anche andato anche al Ras Ounaukrim! Comunque mi trovo a 3300 m. e devo di nuovo salire fino a 4200. Mi avvio con lena ma devo obiettivamente ammettere che il passo ormai è incerto, mentre incontro sempre più alpinisti che scendono celermente perché intanto il cielo ha iniziato a gettare qualche goccia di pioggia.

Ora incontro comitive ciarliere composte dalle più svariate razze umane, accompagnate ognuna da una o più diligenti guide. Mi danno fastidio dopo tanta solitudine. Arrivo  di nuovo a 4000 m, che decise gocce di pioggia cadono da un cielo plumbeo. Salgo ancora…4100 m.

 Vedo la cima a poche centinaia di metri da me, piena di gente, non mi interessa più salire fino alla vetta. Che devo andare a fare in mezzo alla gente? Mi fermo quando ormai sono sulla spianata della cima e torno indietro senza rimpianti. Nonostante la pioggia non ho messo nulla addosso. La canottiera che avevo alla base è stata sufficiente.

Il termometro segna  23.6 gradi a 4000 m e sono le 16.20. Forse è un caso eccezionale, non lo so, ma certo non siamo sulle Alpi. Arrivo al rifugio che quasi sta smettendo di piovere e trovo la spianata sotto il rifugio piena di decine e decine di tende di alpinisti.

 Ho fatto bene  a percorrere la strada che porta a quello che credevo il Toubkal. Dopo tutto sono andato sulla seconda cima dell’Atlante disdegnata da tutti solo perché è qualche cm più bassa, ma in compenso sono stato solo con i monti e le pareti, le pietraie e le nuvole, come piace a me. Inoltre ho praticamente salito due cime che non avrei mai fatto se non avessi sbagliato strada.

Ma ora devo scendere e questo mi preoccupa per via delle ginocchia. Mi aspettano ancora 2200 m. di discesa, dal rifugio. Comunque non ho alternative.
            ( Il piccolo triangolino bianco che si intravvede nella valle è una tenda berbera)
Il sentiero sembra senza fine, nella profonda valle già incalza la notte, mentre quassù il cielo si sta ripulendo dalle brume. Il sentiero porta direttamente fino al piccolo villaggio berbero che avevo incontrato salendo.
(Villaggio di Sidi Chamharouch,con la Sacra pietra Bianca, meta di pellegrinaggi)
Il villaggio si chiama Sidi Chamharouk, in onore  del "re dei Djinn". Egli, durante il giorno vaga per le montagne sotto forma di cane, mentre di notte si trsforma in uomo. Tale entità è adorata dai berberi delle montagne che, pur essendo islamici, mantengono la loro origine animista.  L'enorme pietra dipinta in bianco precipitò dalla parete seppellendo il villaggio, ma risparmiò il santuario. Qui si fanno pellegrinaggi da tutti i paesi circostanti con la speranza di essere guariti dalle malattie, ma specialmente dalla epilesssia e da vari disturbi mentali.  Sul tetto di una casa ci sono molti uomini seduti in cerchio che stanno sorbendo un tè e chiacchierano animatamente. Mi invitano a sedermi con loro e l’invito  non è come da noi, una sovrastruttura sociale, ma viene dal profondo della loro cultura.
Mi scuso facendo capire il mio profondo rammarico per non poter accettare e proseguo velocemente. Incontro varie donne e bambini che fanno la spola tra Imlil ed il villaggio, alcuni a piedi, altri su asinelli magrissimi. Incontro alcun coppie mano nella mano che si aiutano nella salita. È un via vai di abitanti che non si sa dove vadano nelle sconfinate montagne. Ecco finalmente la parte superiore di Imlil. Ormai è notte fonda, ma non importa, sono arrivato.
  ( Il percorso nella parte superiore, al Ras Ouanoukrim ed al Toubkal)
 Alla prima casa chiedo dove devo andare per scendere alla base del paese. Mi indicano in sentiero che si getta verso la profonda valle. Metto la lampada frontale, ma dopo essere sceso per circa 150 m di dislivello, il sentiero si interrompe su un precipizio. Risalgo e vado di nuovo a chiedere dove devo andare. Mi indicano un nuovo sentiero. La lampada frontale illumina una piccola parte di terreno e quando sono sceso per circa 10 minuti sono di nuovo nei guai. Il sentiero ancora una volta finisce su un muro roccioso. Risalgo per la terza volta ed a questo punto mi indicano la via ufficiale. La pista percorre la montagna per 6\7 km prima di arrivare alla piazza del paese, dove mi attende l’autista. Sono le nove meno cinque e l’autista è realmente felice di vedermi. Ritrovo all’ufficio delle guide, vicino al bar, la guida che avevo incontrato sul Toubkal. Mi da il suo biglietto da visita invitandomi per lo sci alpinismo a primavera.
                                                (Il percorso completo da Imlil, visto da 10.000 m di quota)
Spero solo che domani le ginocchia non mi facciano un brutto scherzo. Oggi ho percorso circa 50 km e 8000 m. di dislivello, non mi posso lamentare, le mie povere ginocchia per ora reggono. Il risveglio però mi porta una grave gastroenterite che mi perseguiterà anche dopo il ritorno. Tale disturbo è stato causato dall'acqua bevuta durante tutto il tragitto nel torrente che percorreva la stretta valle, senza sapere che i maledetti alpinisti che si accampavano più in alto avevano preso il torrente per una latrina...con tanta montagna disponibile!   Per questa volta è finita, ma il deserto è grande e presto andrò allo Chott el Djerid, una distesa salina di 120 km che intendo percorrere a piedi per sapere se sarà possibile traversare il Salar de Uyuni, 300 km di sale a 4200 m. di quota e –15 di notte, in Bolivia…. Vedremo….


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