martedì 31 dicembre 2013

LA PRINCIPESSA E LA ROSA



Ognuno di noi ha nel cuore una principessa a cui vorrebbe regalare un fiore raccolto in qualche desolata landa del mondo . Laggiù nei deserti e nelle montagne quel fiore rappresenta  tutto il nostro cuore, ma quando torniamo ci accorgiamo che quella principessa era solo nei nostri sogni…come sempre lo sono le principesse delle fiabe. Quel che importa, però, è che il nostro cuore si sia schiuso…"...Come la rosa del deserto che sa schiudersi dentro tutto il vuoto che c'è....." (i Nomadi")

Io amo i fiori. Rappresentano quello che di più bello la natura ha saputo creare.
 
  E questo non è solo una considerazione umana. La bellezza dei fiori è stata riservata soprattutto per gli animali, per gli insetti che trovano irresistibile il loro profumo ed il loro nettare. Noi esseri senza olfatto e senza istinti per apprezzarli li uccidiamo, li distruggiamo come sempre facciamo di tutto ciò che tocchiamo.  Per regalare la loro bellezza li estirpiamo e li impacchettiamo noncuranti che in quel momento regaliamo un cadavere che in pochi giorni appassirà e che perderà il suo profumo trasformandosi in poltiglia nauseabonda. I fiori sono nati per vivere tra i prati, abbarbicati alle rocce, tra le nubi ed il sole, solleticati dagli insetti che inconsapevolmente ne trasmettono la vita. I fiori sono nati per essere ammirati, annusati stando sdraiati sull’erba con gli occhi persi tra le nubi cangianti. Ma c’è un posto nel mondo in cui nessuno può credere che possano vivere queste fragili meraviglie, il deserto. Il deserto uccide qualunque essere vivente, solo il fennec, la volpe del deserto, e l’antilope addax possono impunemente sfidare il calore infernale e le sabbie… “ il fennec e l’addax furono creati da dio per ricordare all’uomo la sua piccolezza” sentenzia un detto dei nomadi. Ma ci sono  esseri viventi che sembrano incuranti delle condizioni infernali.
 
Sono alcuni fiori (http://viaggievisioni.blogspot.it/2012/04/il-fiore-ed-il-deserto.html ) che hanno una vita breve, ma nella caducità della loro esistenza emanano odori meravigliosi, attirano altri esseri, sono la base della vita del deserto. I fiori rappresentano la nostra stessa esistenza, sono la metafora della nostra vita. Il calore distrugge, nel deserto tutto ha una vita breve ma intensa. Dopo una rara pioggia tutto esplode. La vita, durante la siccità, sembra compressa come una molla che l’umidità fa scattare spandendo la vita nel deserto.
 
I fiori nascono come per incanto, l’erba cresce in una notte, i rospi sorgono come zombie dal terreno. C’è però un fiore che il tempo non distrugge, il calore non dissecca, anzi il tempo e il calore si alleano per accrescere la sua bellezza. E’ un fiore del colore del deserto, è il figlio stesso della madre sabbia, una madre amorosa che lo nutre con il suo latte che è venefico per tutti gli altri. E’ la rosa del deserto.
 

Per la scienza le Rose del deserto sono un minerale che si forma quando dell’acqua freatica o piovana, scorrendo sulla faglia impermeabile, risale per capillarità tra le rocce evaporitiche. L’acqua ha sciolto i sali di carbonato di calcio e  quando incontra la sabbia negli strati superficiali, evapora facendo cristallizzare il gesso nelle fiabesche forme delle Rose. Mi hanno detto che vicino Tozeur c’è il deserto di Onk Gamal, famoso per la presenza delle rose e per essere stato il set di guerre stellari.

Le Rose si raccolgono scavando in profondità nella sabbia perché  quelle superficiali , che il vento ha liberato dalla sabbia, vengono sciolte dalla pur rara acqua piovana. Io non so dove scavare quindi dovrò camminare e cercarle in superficie. Un piccolo assaggio delle rose l’ho avuto traversando lo chott el Djerid, il lago salato, non molto distante da Onk Gmal
 
 Ne ho trovate alcune, piccole ma ben strutturate, miste ad altre ormai consunte dagli agenti atmosferici.
 
Ma io voglio il mio magnifico fiore, non un freddo minerale, un sasso senz’anima, quello lasciamolo ai geologi.

“I tuareg si tramandano una storia  che racconta quali siano le vere origini della Rosa del Deserto. E` una storia che prende le mosse tanto tempo fa, quando oltre la soglia della tenda non vi era altro che il deserto, dove solo i cammelli potevano viaggiare e le tempeste incombevano a deviare i viaggiatori dalle piste tracciate e solo il Sole e le stelle erano sicuri punti di riferimento. Il giovane Ahmed e la bella Fatima erano cresciuti insieme giocando in mezzo alle tende della tribù ed ora era arrivato il momento in cui Fatima avrebbe scelto l`uomo che con lei avrebbe diviso la tenda "fino a che l`ultimo granello di sabbia fosse scomparso".
 
Ahmed organizzò la sua carovana e partì verso la costa. Doveva acquistare i più bei doni che poteva trovare al mercato. Per farlo avrebbe venduto la metà dei cammelli che possedeva. Giunto in riva al mare, Ahmed vide dei fiori bellissimi, rossi e profumati, che una nave straniera aveva trasportato da oltre il mare e li comprò. Le carovane dell`est portavano seta e gioielli preziosi. Ahmed comprò anche questi in gran quantità e, con i cammelli che gli erano rimasti, riprese il viaggio per tornare all`accampamento. Durante il viaggio, la peggiore tempesta di sabbia si scatenò sulla carovana, rese ingovernabili gli animali che scapparono per poi trovare la morte nei turbini di sabbia.
 
 Rese ciechi gli uomini che li conducevano e che, nel tentativo di salvarsi, si dispersero nel deserto. Calmatasi la tempesta, Ahmed si ritrovò solo in mezzo al deserto, lacero e, in un luogo e in un tempo dove gli animali erano l`unica ricchezza di un uomo, ormai ridotto alla povertà totale. Quello che più lo addolorava era la consapevolezza che, ormai, non poteva più sperare di tornare al villaggio e presentarsi come pretendente alla mano di Fatima. Innanzi tutto, non sapeva più dove si trovava, tanto a lungo aveva vagato durante la tempesta. Poi, senza animali, se anche fosse sopravvissuto sarebbe arrivato al villaggio troppo tardi, quando ormai la scelta sarebbe stata già compiuta. E, se anche fosse riuscito ad arrivare in tempo, dove si trovavano i sui doni?

In ginocchio nella sabbia Ahmed, per la prima volta nella sua vita, cominciò a piangere mentre nelle mani a coppa raccoglieva della sabbia, quasi a voler stringere a se quello che era stata, come per ogni Tuareg, la sua vita e che ora, quasi sicuramente, sarebbe stata la sua morte. Le lacrime che cadevano sulle mani, a poco a poco, formarono un impasto con la sabbia e Ahmed cominciò a modellarlo cercando di richiamare alla memoria i fiori visti e comprati al mercato e che ora erano, chissà dove, sepolti. A poco a poco il fiore prese forma e, asciugandosi sotto il sole, l`impasto s`indurì. Ahmed guardò il fiore e pensò che, almeno, per quel poco tempo che gli rimaneva, avrebbe avuto la compagnia del ricordo di colei che aveva perso per sempre. Poiché sapeva bene che rimanere fermo sarebbe stata la morte sicura, Ahmed si alzò e, stringendo in mano il fiore di sabbia, riprese a camminare verso sud, dove, da qualche parte, avrebbe forse trovato un villaggio.

Passarono tre giorni di cammino sotto il sole e tre notti di sonni gelati prima che Ahmed potesse vedere in lontananza stagliarsi il profilo di tende raccolte a formare un villaggio. Man mano che la distanza diminuì, Ahmed riconobbe, a poco a poco, i colori e le tende che per anni aveva osservato. Per uno strano gioco del destino il suo vagare nella tempesta non lo aveva poi allontanato di tanto dalla pista. Ormai stanco, lacero e assetato, sempre stringendo la rosa di pietra, riuscì ad arrivare al villaggio e stramazzò al suolo in mezzo alle tende.
 
 Immediatamente la gente del villaggio accorse e, seppur a fatica, riconobbe Ahmed e ringraziò Dio perché oramai avevano perso ogni speranza di rivederlo vivo. Fra le donne accorse anche Fatima che subito ordinò che Ahmed fosse portato nella tenda della sua famiglia.
 
Dentro la tenda Ahmed poté, finalmente, dissetarsi e riprendere conoscenza. Ripresosi riuscì a realizzare dove si trovava e di chi fossero gli occhi che lo stavano osservando. "Ben tornato, Ahmed. Non sai quanto il mio cuore ha sofferto sentendo dai viaggiatori la notizia del ritrovamento della tua carovana ormai composta di uomini e cammelli morti!" "Si sono tornato, ma tutto quello che possiedo, ormai, è questo!" - disse Ahmed aprendo le mani e mostrando la Rosa -
 
 "Tutto quello che possedevo è ormai sepolto nella sabbia ed anche i doni che avevo comprato per te son scomparsi." "Quali doni?" "Avevo trovato dei fiori bellissimi, di un paese lontano, di là dal mare!" "Ahmed, mio caro!" - disse Fatima prendendogli delicatamente il viso tra le mani - "Quei fiori sono nati lontano da qui e nel deserto sarebbero in ogni caso seccati in breve tempo." - prese tra le mani la Rosa del Deserto e continuò - "Questo fiore, invece, ha il colore del deserto, di quel deserto che è la nostra casa, la casa del nostro popolo da sempre; è fatta con le tue lacrime e modellata dalle tue mani e per me è più preziosa d`ogni cosa al mondo. Non dire che non possiedi più nulla, non è vero. Hai la tua vita, hai questa Rosa, hai me e da oggi, e per sempre, questa, amore mio, sarà la tua tenda, se vorrai!"...... (extremelot.leonardo.it). 
 
 Questa è la rosa che cerco, la metafora e la personificazione della vita stessa del deserto, una vita che da suoi frutti solo a prezzo delle lacrime della fatica….” Se sei nel deserto e sei disperato non piangere….perderesti solo acqua preziosa..” dicono i nomadi, ma poi nessuno può fare a meno di piangere, consolandosi che almeno le lacrime servono a creare questi meravigliosi fiori minerali. Del resto l’acqua delle profondità, salata dal carbonato di calcio, cosa è se non altro che le lacrime salate della Terra? Questi pensieri mi accompagnano all’alba, alla partenza per il deserto di Onk Gmal, accompagnato da un fuoristrada che ben presto rimane in panne sepolto dalle mobili sabbie del deserto di Gmal.
 
  Ma a me non interessa, io devo camminare, cercare il mio fiore come lo cercai nei pascoli alti e roventi del Sinai….
 
E’ ormai pomeriggio e il sole sta curvando il suo cammino, l’aria tiepida dona ristoro alle gambe stanche, le ombre si alterano a rocce affioranti di arenaria indurita dal tempo.
 
Tracce di fuoristrada segnano il mio cammino, una capanna di rami di palma, da lontano, tradisce la presenza di un posto di ristoro…sono sulla pista giusta.
 
 Lo evito diligentemente, cammino guardando a terra con la speranza di avvistare un segno della presenza della mia rosa, ma il paesaggio è inumano, nulla altera le piccole increspature che il vento crea correndo tra le dune. Forse è più facile trovarle li dove il vento pulisce il terreno, devo evitare di camminare alla base delle dune, in pianura, li dove invece il vento accumula metri e metri di sabbia.
 
 Il sole sta morendo dietro una duna più alta quando inciampo su un sasso. La stanchezza mi fa trascinare i piedi nella sabbia. Ma come fa un sasso a trovarsi tra le dune? Quasi imprecando guardo a terra e…. non ho trovato una rosa….la ROSA HA TROVATO ME !!! Questo era l’unica possibilità perché io incontrassi una rosa e questa remota possibilità si è realizzata, nulla è impossibile nel regno delle fiabe, li dove un fiore cerca una capra per avere un cuore che credeva di non avere. 

Mi guardo attorno, scavo un po e.. eccone un’altra, bellissima. I suoi petali stilizzati del colore del deserto si allargano in linee perfette. La prendo in mano ed annuso. Il suo profumo è il profumo del deserto. Quasi tutti mi direbbero che non ha odore, ma per me è profumatissimo, il deserto ha il profumo del sole e del vento, essa ha assorbito il calore, ha assorbito la luce delle stelle, le tempeste di sabbia, la paura degli uomini e la loro fatica, la sete. L’annuso e percepisco ogni odore, ogni ricordo. Ma perché i turisti acquistano le rose in un tavolo dei mercati? Certo, essa è bella, ma per loro non emana alcun profumo e a che serve una rosa senza il suo profumo? 

Ora ho le mie rose profumate di deserto, felice come un bimbo. Mi avvio verso il sole al tramonto che sfiora le dune.
Camminando assisto a più tramonti dietro le dune di diversa altezza.  Mi ricorda il Piccolo Principe a cui, "... sul suo piccolo pianeta, bastava spostare la sedia di qualche passo, per guardare il crepuscolo tutte le volte che voleva…."
 
 
 "Un giorno ho visto il sole tramontare quarantatre' volte!". Disse il Piccolo Principe. Io ne vidi altrettanti mentre mi dirigevo verso il pianeta Tataouine, il  fantastico pianeta di Guerre Stellari illuminato da due soli e più tramonti. 
 
Seguo le tracce dei fuoristrada, la via ora è sicura e sono certo di star seguendo la via giusta.


Orme di cammelli mi mettono dubbi, ma un ultimo tramonto muore dietro un villaggio abbandonato....
 
 ....costruzioni fantastiche, torri metalliche, tubi senza senso.  Il deserto, il tramonto, le rose nello zaino, il buio dietro di me,
 
le torri che si stagliano tra me e il giorno morente, l’aria ormai divenuta uno zefiro dolce che accarezza la fronte ustionata dal sole.
 
Manca solo la principessa Leia Organa a cui donare la meravigliosa rosa,  che mi accolga con un bacio e tutto sarebbe perfetto.


Una fiaba perfetta che può esistere solo nei sogni… ed io non voglio più svegliarmi.