lunedì 20 ottobre 2014

IL DESERTO, L'ACQUA ED IO


Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua,                                                                               
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

Voi non sapete quanto siete fortunati. Andare in cucina,  aprire il rubinetto e bere a volontà… passeggiare in città e fermarsi ad una fontana a bere… sostare ad un autogrill e acquistare una bottiglia di fresca acqua minerale e bere… ma un terzo della popolazione mondiale non ha questa fortuna. Non mi dilungo sulle cifre che possono essere controllate su internet con i motori di ricerca.  Voglio solo riportarvi delle esperienze personali che mi hanno fatto capire cosa significa l’acqua, quel liquido che noi sottovalutiamo solo perché ne abbiamo in abbondanza…finora. 

Quando vi recate in montagna per una escursione in estate e riferite che avete sofferto la sete perché magari il fontanile era secco e la gita si è prolungata un po più del previsto, non sapete neppure cosa dite. Quella è “arsura”, non sete…la sete è un’altra cosa.
 
La sete è quel mostro che si insinua nella vostra testa già al risveglio, quando sapete che dovete affrontare il caldo e non ne avete abbastanza. E’ quella idea fissa che vi costringe a controllare continuamente la tanica nel portabagagli della bici con il terrore che qualche sobbalzo possa averla bucata e aver perso il prezioso liquido e con lui, la vostra vita.

La tanica con l'acqua legata sul portabagagli della bici. Li è legata la mia vita...
 
 E’ quel nemico che vi fa cedere improvvisamente le gambe, che vi blocca nel deserto con i crampi nei muscoli più impensati e che neppure pensavate di avere, quel nemico invincibile che vi acceca la vista e vi fa sentire rumori inesistenti. E’ quel mostro che vi fa odiare la vostra sudorazione che vi raffredda, ma che vi fa perdere ulteriormente acqua, che vi fa succhiare le gocce salate che cadono dalla vostra fronte per recuperare almeno un po di sali.

E’ quel pensiero fisso che supera e zittisce ogni altra vostra preoccupazione od esigenza. E’ quel vampiro che succhia la vostra anima. Ed io devo combattere questi mostri per poco tempo, magari arrivare al limite della resistenza, ma poi so che posso recuperare, che posso riposare fin quando il mio corpo non sarà nuovamente idratato, tonico, pronto per nuove partenze.

Ma c’è chi deve combattere tutti i giorni una battaglia epica e di questi, OTTO MILIONI  ogni anno soccombono alla sete tra le sofferenze più atroci. L’aumento della popolazione mondiale porterà ad un consumo di acqua enorme e nel 2050 metà della popolazione mondiale non avrà acqua a sufficienza. Ma queste notizie, come ho detto, sono sulla rete. La prima volta che attraversai il deserto non sapevo nulla, mi fidavo solo della mia forza fisica e del mio allenamento, ma ben presto dovetti accettare che questo non era sufficiente. Nel deserto, in estate, di giorno, sotto il sole, si perdono 1.5 litri di acqua l’ora. Quindi in 5 ore, le piu calde si possono perdere 8 l. di sudore e quando si perde il 10% del proprio peso in acqua, si muore per disidratazione.
 
Solo i cammelli possono perdere il 36% del proprio peso e sopravvivere. Una tribu bedu si vanta di essere la più resistente del deserto e dice che i suoi componenti possono resistere due giorni nel deserto, camminando continuamente, senza acqua. Le persone che riferiscono di  essersi perse nel deserto in estate, e di aver camminato per giorni e giorni, anche settimane, bevendo la propria urina, sono solo ingenue leggende. Io in una occasione, restai un solo giorno senza acqua, a 58 gradi, e solo dopo due giorni di reidratazione, riuscii ad espellere una urina densa e maleodorante.
 
 La prima volta che ebbi dubbi sulla mia resistenza stavo attraversando una piana terribile e mi accorsi che non avevo forza alle gambe, mi mancava il respiro. La disidratazione aveva iniziato la mia demolizione senza che io ne avessi minimamente preso coscienza. Quell’anno feci molte escursioni per testare fino a che punto potessi sfidare non il deserto, ma la sete. Tutto qua, l’unico nemico sei tu, la tua debolezza, la tua esigenza di liquidi, non il deserto.

Salii il gebel at el Garib per testare la mia resistenza.
 ( http://viaggievisioni.blogspot.it/2012/04/il-test-il-gebel-at-el-gharib_01.html
Man mano mi rendevo conto della indispensabilità immediata di quell’elemento che per noi è importante, ma di cui non conosciamo assolutamente l’essenzialità. Questa presa di coscienza mi convinse a rinunciare totalmente a portare cibo per traversate di due giorni a favore di acqua. Mezzo chilo di cibo non è condizionante, non succede nulla, ma mezzo litro di acqua può salvarti la vita quando si viaggia al limite della disidratazione. Inoltre la digestione consuma ulteriormente acqua. Un giorno incontrai una carovana composta da cinque persone, marito, due mogli e due figli. Un bimbo piccolissimo camminava avanti alla famigliola, con i suoi minuscoli piedini nudi sulla sabbia rovente.

Andavano ad un pozzo lontano 80 km di cui non sapevano neppure se avesse ancora acqua. Questo è il dramma del Sahara. I pozzi si stanno seccando perché la falda freatica si sta abbassando e il deserto sta nuovamente impadronendosi del reg, dell’erg e della hammade. Il Sahara è poggiato su un lago di acqua profonda, acqua del quaternario. Il pompaggio di tale acqua sta abbassando il livello dell’acqua superficiale. Gli uomini che vivono nelle terre sahariane e sub sahariane non sono in grado di scavare pozzi di 3000 m. di profondità per attingere acqua e quindi hanno gravissimi problemi di approviggionamento idrico.

 
Io nelle mie traversate ho trovato pozzi quasi secchi che negli anni successivi sono stati totalmente ingoiati dal deserto o sono stati smontati. Le carovane si accampano lontano dai pozzi per far si che i bimbi non considerino l’acqua come un bene di consumo o per giocare. Per bere o prendere acqua devono fare diversi Km.  Un giorno salivo verso le pendici dell’Atlante dal versante algerino, quando vidi una voragine aprirsi sotto i miei piedi.
 
Era una grotta e il soffitto aveva ceduto sotto il mio peso. Nessun problema, ma immaginate la mia meraviglia quando mi accorsi che dentro vi scorreva un ruscelletto di acqua freschissima. Inutile dire che bevvi fino a scoppiare perché erano 12 ore che pedalavo sotto un sole impietoso. Poi seppi la verità su quelle gallerie. Nei deserti le oasi possono essere spontanee, li dove c’è una sorgente, oppure, ed è la maggior parte, le oasi sono create dall’uomo anche dove non c’è acqua. Le  foggara sono un intricato dedalo di gallerie artificiali che convogliano l’acqua che è stata catturata per condensazione della pur scarsa umidità o per percolazione dalle micro cavità. L’uomo delle acque si incarica di tenere in efficienza tali gallerie anguste e in pericolo continuo di crolli. Purtroppo la perdita di identità e della cultura di tali popolazioni sta facendo si che le foggare siano ormai inefficienti e le oasi stanno morendo.  Una delle mie esperienze più traumatizzanti con l’acqua è stata la mia traversata di uno wadi nel sinai dove rimasi senza acqua per la rottura della bici .
( http://viaggievisioni.blogspot.it/2012/04/prima-uscita-in-bicicletta.html )
Ma il deserto, qualche volta, si diverte a sommergerci di acqua come quella volta in cui assistetti all’alluvione dell’Hammada Rbat.
http://viaggievisioni.blogspot.it/2012/04/blog-post.html )
 
 Voi mi direte che con un'alluvione, le sorgenti si sono rimpinguate, ma nulla di più sbagliato. La quantità di acqua che cade nel deserto in quelle occasioni è talmente alta ed improvvisa che l’unica cosa che si ottiene è la distruzione e l’ulteriore desertificazione.
 
Una sera, al tramonto del sole, in uno wadi, mi ero fermato per assistere allo spettacolo, quando, contro il sole, vidi una sagoma ondeggiante. Mi raggiunse un nomade con due cammelli. Si sedette vicino a me e mi offrì dei datteri ed un po di pane. Io tirai fuori del formaggio ed iniziammo a mangiare discutendo ognuno nella sua incomprensibile lingua.
Il bedu lo fotografai solo quando si stava allontanando nel buio incombente
Mi chiese dell’acqua e solo quando si accertò che io proprio non ne avevo più, tirò fuori la ghirba e mi offrì la sua acqua che sapeva di rancido. Le ghirbe sono pelli di capra chiuse usate come otri. Hanno la caratteristica che essendo traspiranti, fanno evaporare all’esterno un po di umidità mantenendo fresca l’acqua nel suo interno.  
 
Oggi, per chi va a Marrakesh, vedrà i folcloristici portatori di acqua,  ben visibili a causa delle purpuree vesti ed il cappello a larghe falde, che danno da bere acqua attinta dalle ghirbe che portano a tracollo, chiaramente con un solo bicchiere d’argento.  Ormai è solo folclore, ma i locali ancora se ne servono. Comunque è un modo per vedere le ghirbe. Un giorno mi ero incamminato in una valle che credevo avesse una uscita verso uno wadi vicino ad un villaggio, ma trovai il passo impraticabile. Dovetti tornare indietro e dopo aver camminato per 9 ore mi accinsi a traversare la piana di 15 km, prima di arrivare alla meta. 
 
Alle 15 del pomeriggio l’aria tremava per il calore, sembrava quasi avesse un’anima malefica. Distruggeva lentamente la mia resistenza. Iniziai ad avere la lingua che si incollava al palato, la mia saliva era finita, le gambe molli, la testa dolente mi batteva all’unisono con il mio cuore accelerato. Rallentavo visibilmente la mia andatura e iniziai a dubitare di arrivare indenne al villaggio. Mi vennero in mente racconti di uomini trovati morti a due km dalla meta. Ma come una fiaba a lieto fine vidi una nuvola di polvere che si avvicinava.


 
Diventava sempre più veloce finchè mi accorsi che si trattava di un fuoristrada. Si fermò e scesero due bedu che evidentemente conoscevano i sintomi della disidratazione, per cui mi chiesero se avessi bisogno di acqua. All’inizio ebbi qualche dubbio a via dell’acqua salmastra dei pozzi del deserto e per di più con sapore di grasso rancido per le ghirbe.
 
Poi decisi che qualunque liquido sarebbe andato bene, purchè fosse un liquido. Immaginate la mia sorpresa quando alzarono il telo del fuoristrada e vidi un frigorifero fornito di acqua, coca cola, birra, e ogn’altra bibita. Tutto questo ben di dio veniva portato in un posto dove i turisti consumavano la cena beduina. Accettai una bottiglia di acqua che ancora conservo, per ricordo. Non riuscii a pagare la bottiglia, si dichiararono offesi del mio gesto. Nel deserto non si rifiuta mai l’acqua.
“Ciò che rende bello il deserto, disse il Piccolo Principe, è che da qualche parte nasconde in pozzo”( Antoine de Saint Exupery)

Ma non sempre il deserto è così crudele, qualche volta ci riserva doni inattesi. Una volta ero in esplorazione per trovare un passaggio tra due anguste valli in Marocco che mi avrebbe permesso di accedere alle vette più alte senza fare un giro enorme. Ormai avevo perso le speranze perché il terreno era quasi impercorribile a piedi ed io mi trascinavo dietro la bici dalle 6 del mattino ed ormai il sole mi aveva ustionato, se non  la pelle coriacea, almeno il cervello, e sicuramente il calore  aveva fiaccato la mia proverbiale ostinazione ad andare avanti a qualunque costo.
 
Dopo una discesa avventurosa su una parete, superata in una spaccatura provvidenziale, mi ritrovai in un piccolo laghetto formato da un flebile ruscelletto che colava, goccia dopo goccia, da una roccia nerastra. Urlai, esultai, mi gettai nell’acqua, bevevo la stessa acqua in cui mi bagnavo senza ritegno e senza pudore anche se avevo intorpidito l’acqua con i miei movimenti inconsulti.

 
Nessuna acqua fu più buona anche se aveva una consistenza pastosa e più che berla dovevo ingoiarla… Tutto andò bene, quella volta. Ma un’altra volta non fu così. Salivo verso il Toubkal, la più alta montagna dell’Africa del nord (4156 m.), in Marocco, ma siccome rifuggo le vie ufficiali, preferii seguire il mio istinto e percorrere un tragitto che mi inventavo momento dopo momento.
 ( http://viaggievisioni.blogspot.it/2012/04/il-toubkal.html )
A 3200 m la temperatura era ancora a 32 gradi all’ombra e  siccome non avevo la più pallida idea di dove andassi, e quindi non sapevo se fossi tornato in giornata o nei giorni successivi, ebbi la buona idea di bere nel ruscelletto che ogni tanto compariva tra i sassi per risparmiare la mia acqua.
 
L’acqua era fresca, buonissima e ne bevvi a profusione essendo sicuro che sopra di me tutt’al più potevano esserci solo poche capre, quindi l’acqua doveva essere potabilissima, almeno con i miei parametri. Immaginate quale fu la mia sorpresa quando sbucai ad una radura a 3300 m. e vidi che c’era un popolatissimo campo di alpinisti che serviva per poter salire la cima in due o tre giorni.
 
 Il fatto era che un bagno era stato posto vicino al torrente e gli umani facevano i loro bisogni nel torrente che serviva poi anche per le abluzioni. Il risultato fu che ebbi una infezione intestinale terribile che mi mise completamente KO e che mi trascinai anche al ritorno.  In Rajastan, c'è il Gan Deserto di Thar,
http://viaggievisioni.blogspot.it/2013/09/jaisalmer-ed-il-grande-deserto-di-thar.html
 che si estende tra India e Pakistan, l’acqua la rifornisce il solo monsone, che quindi viene atteso con molta ansia.

Le donne scavano pozze enormi, a forza di braccia e zappe e trasportano via la terra con cesti di paglia. Io arrivai in pieno monsone e qualche giorno prima aveva piovuto molto. Si era finalmente formato un laghetto nei pressi del villaggio e le donne trasportavano continuamente l’acqua dentro le case con una sorta di conche, posizionate sulla testa.


I loro variopinti vestiti e i movimenti flessuosi, uniti alla proverbiale bellezza delle rajastane, ne facevano uno spettacolo affascinante. La maggior parte dei pozzi del deserto hanno un’acqua che qui da noi sarebbe considerata quantomeno velenosa. Il sapore è variabile, dall’acido, all’amaro, ma ciò che lega tutti i pozzi è l'alta quantità di sale che è disciolto in essa. Questa cosa in realtà non è del tutto negativa perché con il sudore si perde una quantità di sale smisurata. Io porto del sale grosso ed ogni tanto ne ingoio un grano, quando sono impegnato nelle traversate. Alcuni pozzi sono particolarmente salati e vengono utilizzati per purgare i cammelli.  E’ bene stare attenti a non bere quell’acqua altrimenti lascerete la vostra scia maleodorante per tutto il vostro cammino e questa è una cosa assolutamente da evitare non tanto per l’odore, ma per la contemporanea perdita di acqua. Quando pedalo nel deserto porto con me una 20ina di litri d’acqua e quando ne ho consumata circa la metà, se non ho trovato come rifornirmi di acqua, devo tornare indietro.

 Allora mi viene da pensare che con una sola tirata dello sciacquone del mio bagno, potrei andare avanti un altro giorno, ma il pensiero mi corre a chi non ha acqua e solo con tutte le tirate di sciacquoni di una famiglia, potrebbe vivere un villaggio. Ecco, prima o poi dovremo fare i conti con la mancanza d’acqua,questa è una cosa certa.
Sarebbe bene che ognuno di voi facesse una gita nel deserto, camminasse per due giorni sotto il sole con una semplice borraccia e provasse cosa vuol dire la sete, quella vera, quella che ti toglie l’anima e distrugge ogni volontà.