martedì 19 marzo 2013

PRIMA DEL GRANDE DESERTO, IL LAGO SACRO DI PUSHKAR

La mia anima mi ha esortato
a non limitare lo spazio dicendo:

"Qui...la...lassù...laggiù.."

Prima che l'anima mia mi parlasse,
mi sembrava,
ovunque dirigessi i miei passi,
di allontanarmi da qualsiasi altro spazio.

Ora mi rendo conto
che ovunque io sia
son contenuti tutti i luoghi;
e la distanza che percorro
abbraccia tutte le distanze"

C’è un grande deserto fuori dei classici itinerari africani e medio orientali. E’ un deserto spietato, non ha nulla da invidiare come inabitabilità ai più conosciuti e temuti deserti.

 E’ il Grande Deserto di Thar. Si trova nel Rajastan, la zona tra l’India ed il Pakistan. Anche questo deserto andava visto, annusato, udito, percorso. Un bel di arriva il giorno della partenza. Ma il problema è che questa immane distesa di sabbia si trova in India….e l’India ha molte armi per sconfiggere il viaggiatore. Si parte  convinti delle nostre “convinzioni” , sicuri delle nostre “sicurezze” e poi…..
 
Il tragitto di avvicinamento al deserto meriterebbe un blog a parte e quindi salto tutto. Forse in futuro farò dei post sui numerosi ed interessanti argomenti. C’è talmente tanto da dire che l’animo si perde nella foresta impenetrabile nel mondo indiano.

Un mondo nuovo ed affascinante si para innanzi allo sprovveduto turista-viaggiatore. Un mondo che smarrisce, stupisce, fa vacillare le convinzioni, annulla le sicurezze, attira, ammalia.

La religione, il dio, i miti,  gli dei non stanno relegati nei templi, si respirano nelle strade, nelle vacche smagrite, tra le valli, i villaggi, i mercati stracolmi di genti fino all’inverosimile. Aleggiano dovunque si posi lo sguardo, traspaiono negli occhi della gente, nei sorrisi dei bimbi, nella zoppia dei mendicanti.

Il sacro ti penetra durante i tramonti, quando sei seduto sulle riva dei fiumi sacri dove si specchiano i templi e dove passano le ceneri dei defunti. Ti invade quando vicino a te bruciano i corpi mortali, mentre i vivi si bagnano nella stessa acqua purificatrice, acqua madre da cui tutto nasce  e a cui tutto ritorna.

 E ti senti parte del tutto, un unico corpo che si sposta verso i sacri templi di Shiva, che canta al suono delle tablas e dell’armonium il cui ritmo rimbomba tra le colonne. Un ritmo la cui frequenza si sovrappone a quella dei fiumi, dei monti, delle nubi, del tuo cuore.

Viaggio verso il deserto, incontro l’India, annuso l’odore del sacro,  del vento che già odora di sabbia rovente, al tramonto, sulle rive del sacro lago di Pushkar. Il lago è uno dei luoghi più sacri dell’India, sacro a Brahma. Il lago nacque quando Brahma uccise con il fiore di loto un demone.

 Dove caddero i petali sorsero tre laghi, il più importante dei quali è Pushkar. In ricordo della battaglia, Brahma compì un sacrificio durante la luna piena di kartik ( ottobre-novembre). La moglie Savitri non vi prese parte e Brahma prese un’altra moglie, una ragazza di etnia gujari.

Alla notizia, Savitri maledì Brahma dicendogli che sarebbe stato venerato solo a Pushkar. Ancora oggi Pushkar è l’unico luogo dove si venera Brahma. Non mi interessa descrivere il luogo, non mi ritengo una guida turistica,  basta andare su  http://en.wikipedia.org/wiki/Pushkar_Lake  (in inglese) per avere ogni dettagliata notizia e sulla rete si possono ammirare le foto di tutti i meravigliosi monumenti.

La cosa più facile è descrivere come descriverebbe  una guida turistica, molto più difficile è trasferire le sensazioni e le emozioni che  procura un luogo come questo.

 E’ pomeriggio inoltrato, il sole  muore dietro i monti Aravalli, il cielo imbronciato, il monsone che gonfia promette acqua a catinelle, come si addice ad ogni buon monsone. Il vento da ovest mi porta notizie del deserto, sento l’odore della sabbia umida. Salgo sulla terrazza dell’albergo.

Tra le torri degli Aravalli che si innalzano repentine, svetta una piramide e  sotto di essa mi informano che il Sacro Lago emerge dalla terra a guardia dell’anima degli uomini. La mia guida  è professore di storia italiana all’università di new Delhi e professore di storia e lingua indiana all’università di Venezia, una vera fortuna averlo incontrato. Parla correttamente molte lingue indiane ed è di religione induista.
MARCO LA MIA PREZIOSA GUIDA
Conosce tutto dell’India ed io mi sono attaccato a lui durante i tragitti di trasferimento. Mi ha portato a prendere coscienza della mentalità e della divinità induista. Solo con lui sono andato, durante la notte, a fare conoscenza dei templi, delle persone, delle menti, dei comportamenti degli induisti.

Prima di partire avevo studiato profondamente l’induismo, ma dal vero è come se vedessi un altro mondo, un altro cielo, un’altra anima rispetto a quella che avevo immaginato. Come si fa a non essere induisti?

 Risparmio il lettore della descrizione dell’induismo, ci vorrebbe questa ed un’altra vita, ma chi è interessato può informarsi sulla rete. Brahma è il creatore, ma non è il più importante della trimurti. Senza Shiva e Visnu la sua presenza non avrebbe senso, la Creazione a che servirebbe senza l’azione, senza la rigenerazione, senza la distruzione e la successiva rinascita?

Dalla terrazza non scorgo il Lago Sacro, ma la sua presenza nascosta mi attira, vorrei già essere sulla sua sponda. Devo cominciare il mio percorso da indu. Come uno scolaretto deve imparare per gradi, anch’io devo iniziare dalla Creazione. Il mio maestro è Brahama, il Creatore e il suo spirito è immerso nel Lago. Penso al deserto che mi attende, un deserto diverso rispetto a quelli che conosco.

Devo traversarlo da indu, non da europeo e devo fare presto…. La sera arriva subito e la stanchezza mortale del lungo viaggio prende il sopravvento. Ma il mattino arriva prima del previsto e  mi avvio immediatamente verso il lago, senza nessuno in strada che mi indirizzi senza farmi sbagliare. Solo mucche sonnolenti. Mi guardano con fare distaccato, oserei dire disgustato.

Ed ecco , improvvisamente, tra i templi chiusi e deserti, ai piedi di scalinate di marmo, eccolo, il Lago. Solo un sacerdote ( bramino) è intento a pregare e fare abluzioni sacre sulle sue meravigliose scalinate.

Un lago circolare, circondato da scalinate ( gat) e templi, centinaia di templi, centinaia di cappelle, centinaia di costruzioni sacre. Una piccola isola sorge nel mezzo ed un tempio adorna la sua immorale presenza tra le calme acque.

Ora non c’è nessuno, ma il giorno del Puskar Mela, la notte della luna piena di Kartik, nei templi e nel lago ci saranno milioni e milioni di fedeli che tutti insieme, una massa comune, si sposta verso il Lago e versi il rito. Qui non è previsto essere gnostici, bisogna credere, non necessariamente credere negli dei indu, ma è necessario credere in qualcosa e qualcuno, chiunque esso sia.

Questa necessità è dettata dall’obbligo di appartenere ad un popolo in cui tutti hanno  lo stesso modo di pensare, vivere, credere, salutare, sperare, interpretare la propria vita ed il proprio futuro. Nessuno ti emargina dall’appartenenza se non hai gli occhi scuri ed i magnifici capelli corvini, se non porti il saree, qui ti guardano dentro gli occhi ed è come se ti guardassero dentro l’anima e se nell’animo sei un indu loro lo capiscono e ti accolgono nel rito da cui nessuno può esimersi dal partecipare.

Mi siedo  sui gat ed attendo, attendo che lo spirito di Brahma si mostri alla mia coriacea ed ostinata mente. Pochi indu passeggiano sulle scalinate, il vento del monsone tace al primo mattino, il cielo plumbeo rispecchia nel lago donandogli un’aria misteriosa ed inquietante. Nelle sue acque si sono immersi miliardi di esseri umani che credevano nel grande Creatore, per essere mondati.

 Le sue acque sono diventate giocoforza sacre perché hanno assorbito miliardi e miliardi di speranze, hanno una forza incontrollabile perché ogni goccia è venuta a contatto con la sacralità esuberante degli uomini. Gli infiniti riti hanno trasmesso alle acque una forza immensa. Il Lago non è più una pozza d’acqua , è essa stessa la vita, la creazione, colei che attraverso il dio regola la legge del KARMA che controlla la vita di ogni essere vivente.

Ecco… questa legge cercavo, volevo comprenderla, tentare di sopravviverci. Il KARMA è la causa del destino di ognuno di noi, la legge della natura che assicura che diventeremo quello che le nostre azioni ci faranno diventare senza possibilità di evitarlo. Quello che noi facciamo nella vita presente determineranno il destino nelle vite successive e la coscienza non è altro che la memoria. Ecco questa cosa così semplice è impossibile da comprendere a casa nostra, ma qui è tangibile. Brahama regola i Karma, devo anch’io sottopormi al rito prima di partire, di camminare nel deserto, sulle sabbie di Brama.

 Un bramino si aggira sui gat in attesa che i primi fedeli  inizino i loro riti e  le preghiere del giorno. Devo approfittarne. MI avvicino ad uno di loro e tento di spiegarmi in ital-arab-indu-gesti -espressioni. Sono bravissimo nell’esperanto improvvisato.

In men che non si dica mi trovo seduto vicino alle acque con un vassoio di fiori in mano mentre il bramino mi invita a ripetere le sue preghiere in una lingua incomprensibile.

Poi getto i petali nel lago per ricordare i petali di Brahama mentre il sacerdote impone le sue mani su di me. Guardo le acque limacciose cariche di sacro.

Gli effluvi arrivano fino alla mia anima, penetrano dentro la mia mente già in attesa del dio liberatore dei Karma. Immergo i piedi nell’acqua, poi le gambe, la cintola, getto l’acqua sul capo mentre il bramino continua le sue preghiere liberatorie.

 Emergo mentre un raggio di sole riesce a filtrare tra le cupe nubi illuminando il lago che improvvisamente risuscita riflettendo la luce, la speranza.

 Riemergo dalle acque risalendo le scale dei sacri gat e mentre esco risorgo dal buio, mondato dai Karma che la vita mi aveva regalato, appesantendo la mia esistenza. 

Faccio il giro attorno al lago mentre il sole si alza e le persone cominciano il lavoro di tutti i giorni. I bambini giocano nuotando nella piscina.

Non posso resistere, ora sono puro, posso giocare nel lago con loro, mischiandomi tra le loro grida e le loro risa sicuramente rivolte verso la mia presenza. Nessun occidentale ha il coraggio di bagnarsi in quelle acque….

Esco con una certa difficoltà e fotografo tutte le piccole pesti. Sono seduto ad ammirare lo spettacolo dei gat sotto l’ombra degli alberi che attenua il caldo feroce del vicino deserto.

 Le fronde incorniciano il quadro in cui dapprima passa una mucca.....

 .....poi una bimba che sembra pregare al dio Creatore.

Ormai il piccolo centro si anima di colori.......
I primi mercanti espongono le multicolori merci nei loro banconi variopinti

 Le scimmie  saltellano tra i passanti e i tetti... 

Le mucche che scorrazzano imperterrite tra le macchine e gli uomini.

Io mi mescolo tra la folla, vago tra i vicoli turchesi,

 dove oziano donne sedute sui gradini delle case in compagnia delle mucche.

Sono le ultime immagini, ora devo partire, allontanarmi da questo sacro luogo dove ho regolato i miei Karma, mi servirà nel deserto. Saluto gli Aravalli...

Viaggio verso il vicino deserto. Gli alberi si piegano all'impietoso vento del Grande Deserto di Tahr....


Nessun commento:

Posta un commento