lunedì 5 novembre 2012

L'ULTIMA TRAVERSATA INSIEME A FILIPPO

“La vita viene lentamente, la morte all'improvviso” ( popolo tsonga)

“Lancia il tuo cuore davanti a te, e corri a raggiungerlo.”

Alcuni amici che stoicamente seguono i miei racconti, mi hanno scritto del perché dal mese di luglio non pubblico più nulla. Il mio caro amico Leo ha sentenziato che “disdice l’abbonamento” ….La ragione è presto detta. Dato che seguo un ordine temporale, sono arrivato ad un punto in cui avrei dovuto raccontare un avvenimento che per me ha segnato un altro punto importante…..ma non decidevo se farvene partecipi. Non riuscivo a capire se potesse essere qualcosa da tenere gelosamente custodita oppure condividerla. Inoltre avevo il timore che una cosa così importante per me, ad altri potesse non interessare., e non ultimo il timore di manifestare cose così intime e personali.  Ho scritto e cancellato, riscritto e ricancellato, modificato..Poi mi sono detto che questo episodio era l’epilogo di  altri già descritti e che i lettori del blog sono nella massima parte miei amici e avrebbero compreso.  Per me non è stata una decisione da poco……ci ho impiegato quasi sei mesi…..(tutte le foto solo assolutamente fedeli ai posti ed ai momenti descritti)


Devo partire di nuovo. Ora devo sapere qual è la direzione da prendere e solo nel deserto posso trovare la mia direzione. Solo li saprò dove devo andare, come sempre, qui non lo so. Le mie gambe  hanno qualche problema e dalle indagini è emerso un quadro notevolmente grave. Ho una stenosi midollare per osteofitosi artrosica e varie ernie discali che comprimono le radici nervose.   Insieme alle ginocchia deformate dall’artrosi e in attese di essere sostituite da protesi, sono semplicemente in mezzo ai guai. Ho da tempo dovuto abbandonare la montagna, ma a questo punto non so per quanto tempo ancora potrò far fronte psicologicamente ai dolori che mi affliggono e che pur tuttavia ignoro pur di andare li dove piace a me o, meglio dire, dove sono costretto ad andare. Dipende dal mio stato d’animo.Vorrei poter tornare indietro, si dice sempre, ma il tempo non torna. Qui nel deserto il tempo non c’è, ma ci sono io a ricordare il suo scorrere inesorabile.
"Perché proprio a me?".  Bella frase! Una frase fatta. Perché sono di nuovo quaggiù? Quest’anno non ho la voglia di andare, eppure sono di nuovo quaggiù. Perché non c’è qualcuno con me?  Solo due occhi scrutano il cammino, solo due piedi camminano sulla sabbia, solo un cuore batte alla vista di un fiore appassito.Qualche volta mi sorprendo a rimproverarmi del fatto che cerco qualcuno solo quando vado nel deserto e che questo mi succede solo da qualche anno. Ma poi spiego a me stesso che non è vero, che il deserto è solo la materializzazione dei miei più profondi desideri. Altre volte mi rimprovero che non ho avuto il coraggio di realizzare questi miei desideri, altre volte mi giustifico accusando il destino di aver tessuto le trame della mia vita con un filo sottilissimo ma estremamente resistente e tale da creare una tela all’apparenza fragile, ma invece impenetrabile. Poi dico a me stesso che ho scelto di essere sempre solo per paura che potesse succedere qualcosa. Certo, sbaglio, ma io penso di potermela cavare sempre, se sono da solo, in qualunque situazione……

Quest'anno parto con queste considerazioni e, tanto per darmi il colpo di grazia, A.Rita, madre di Filippo ( vedere: “Filippo” in questo stesso blog http://viaggievisioni.blogspot.it/2012/04/filippo.html ), mi affida un piccolo sacchetto di terra che riconosco immediatamente. Quel pugnetto di terra l’ho raccolto proprio io. Era appena passata qualche settimana dalla morte di Filippo ed io scesi alla grotta l’ultima volta. Andai nel fondo, li dove era caduto e depositai dei semi di handal, raccolti nel deserto e che hanno la capacità di germogliare anche dopo migliaia di anni, nel caso che si creino le condizioni adatte. Scesi nella grotta, da solo, ma con due cuori e altri due occhi, con due anime. Poi raccolsi la terra che aveva accolto l’ultimo respiro di Filippo, li dove aveva appoggiata la testa, imbevuta del suo sangue, la misi in un sacchetto di plastica e la portai ad  A. Rita. Per anni l’ha gelosamente custodita nel cassetto del comodino, vicino al suo letto, poi ha deciso di darla di nuovo a me perché la portassi nel deserto, li dove ero stato con Filippo. “Non so se ha un significato, ne se possa servire a qualcosa, ma portala li dove Filippo amava andare con te, chissà se qualcosa di lui…..”. Non so come ho fatto a trattenere le lacrime, ho solo abbracciato A.Rita.
                                      Parto e mi inoltro nel canyon
Ora parto con il minuscolo sacchetto nella bicicletta. Sono pochi grammi, ma pesa tonnellate per le mie gambe che sono tutt’uno con la mia anima. Dove andrò? Non ho una meta. Devo portarlo dove siamo andati, e deve essere un posto magnifico...dove vorrebbe lui. 
                          Filippo nello stesso punto, il giorno della traversata
 La mia memoria è offuscata, vago per oltre un’ora senza meta, torno indietro, vado avanti, mi fermo, piango. Il sole non ha alcuna pietà per le miserie umane Il suo unico scopo è fiaccare la volontà degli uomini e mettere a nudo le sue debolezze. Ora il desiderio che qualcun altro sia con me è quasi doloroso. Forse ora mi servirebbe egoisticamente solo per dividere il mio greve fardello, ma so che nessuno può e vuole più essere con me. Quello che per me era un vanto ormai è una condanna, devo essere solo.
Se vuoi arrivare primo corri da solo, se vuoi arrivare lontano, cammina insieme
 ( Kenia)
Grido un nome al vento ed il vento se lo porta via con le mie illusioni. Scrivo un nome sulla sabbia ed il vento lo cancella con un turbine. Ora sono qui con un fardello pesante come la morte. Pedalo, poi decido di andare al wadi Madsus. E’ inutile descriverlo di nuovo, già troppo ne ho parlato, anche quando vi andai con Filippo.
                             Filippo la chiamò " la valle del Girarrosto"
 Risalgo la valle del girarrosto (così la chiamò Filippo) spingendo la bici nell’inconsistente breccia dello wadi. Le pareti si alzano ai miei lati. Un bisbiglio diventa un tuono che rimbomba tra i muri verticali di roccia. Anche le ruote innescano un rombo cupo ed inquietante nel silenzio puro del deserto. 

                        Mi inoltro nella valle del Girarrosto
La mia schiena viene percorsa da una sottile paura. Ma non è paura del luogo o del deserto, è paura della mia solitudine . E’ paura della mia condizione che so di non aver il coraggio di cambiare e se anche ne avessi il coraggio, ormai il tempo è passato…. Paura di non aver più il coraggio di tornare quassù, se non per l’ultima volta, quando le mie gambe non avranno più la forza di andare avanti. Paura di dover tornare ancora una volta da solo, come una maledizione di un girone infernale. Una pena da scontare…

Spingo la bici in trance. Con gli occhi offuscati dalle lacrime ed un nodo alla gola che non mi permette di ingoiare neppure la saliva. Non piango per Filippo, di questo sono certo, sono anni che vengo quassù con accanto gli spiriti del deserto e la presenza di Filippo.Cerco una spiegazione per il nodo alla gola, ma non la trovo. Oppure non voglio accettare la mia colpa di aver tenuto lontano chiunque avesse voluto venire con me.

Ecco il canyon che aggiro alla sua destra sulle tracce dei cammelli, come ormai conosco da anni, senza aver bisogno di arrampicarmi su rocce strapiombanti tirandomi dietro la bicicletta. Devo scendere dalla bici e camminare. La mia volontà distratta non è in grado di controllare i dolori delle ginocchia che mi tormentano e mi fanno dubitare della mia capacità a proseguire. Ma non devo addurre scuse, devo andare avanti…

      
 Ecco lassù il valico, ormai sto per sbucare nello wadi Madsus. E’ ormai pomeriggio ed il sole si staglia  sulle cime delle più alte montagne. L’aria è rossa, sembra un set di Fellini. Dietro me segue Filippo, mi volto per vedere come sta, lo chiamo, mi risponde…mi risponde? Cos’è che simula la voce di un essere umano? E’ lui, ne sono certo….o no. Quante domande!!
Da quando sono partito non faccio altro che chiedere a me stesso ed al deserto delle risposte che non potrà mai darmi, semplicemente perché forse quelle che esprimo non sono domande, sono solo affioramenti della mia anima che nessuno conosce, forse neppure io.  Il rosso mi penetra. Gli occhi vedono solo rosso e nei toni di  rosso vedo quello che non c’è, oppure c’è? Ecco perché vorrei altri due occhi, altre due gambe, un’altra bocca, un’altra anima.

Vorrei qualcuno che mi rimproveri, che mi dica che tutto questo non è vero, che è solo frutto della mia fantasia, che il deserto è solo sabbia e disperazione, solitudine ed aridità. Vorrei qualcuno che mi dica che su Monte Calvo non c’è una fata. Qualcuno che mi riporti alla realtà, purchè sia un altro cuore che venga con me.  Se solo fosse qui con me mi direbbe che il wadi Madsus è solo un fiume secco con un fondo breccioso e che le montagne sono solo mucchi di pietre riarse. Ma questo cuore   lo porto in un sacchetto di terra, una sola goccia di sangue, forse…..Mi lascio condizionare dall’ambiente.

Perché solo a me dovrebbe essere concesso di vedere e sentire cose che non esistono per gli altri? Questa è la prova che vorrei  un altro cuore . E se poi sentisse anch’esso queste voci? Se vedesse i folletti agitarsi nella notte ? Cosa significherebbe? Che tutto ciò esiste o che anch’esso è pazzo? Ecco il problema. Ci vorrebbe un’ulteriore prova . Ma cosa è vero? Cosa è immaginario? ….Torno un momento alla realtà cercando di ricordare il tragitto che percorremmo quel giorno. Non è facile orientarsi nel deserto. Cerco dei punti di riferimento, ma tutto è inutile. Torno nel mio mondo immaginario e chiamo a gran voce il deserto, che mi dica dove posso lasciare l’unica cosa che resta di Filippo, ma nessuno mi risponde. Torno indietro, torno di nuovo al valico.

                                

                                      Sul valico
Parto di nuovo da li. Sicuramente passammo in quel punto, dato che è obbligato. Torno indietro nel tempo.  Mi riesce facile questa volta.  Non immaginavo che solo due mesi  dopo avrei dovuto affrontare la grotta….la morte.  Torno alla realtà, il tempo ha le sue leggi, che però devo violare se voglio ottenere il mio scopo. Magari avessi una macchina del tempo. Potrei farmi portare indietro a mio piacimento e poi arrestare il tempo. Ma la mia macchina ce l’ho qui con me. E’ nella mia testa, basta accenderla. So che funzionerà, anche se solo per qualche minuto, poi tutto tornerà come prima.  Ma quando arriva Filippo? Era con me qualche minuto fa, poi ho accelerato il passo in vista del valico. Che non si sia perso tra le piccole gole che ho appena percorso? Eppure mi sembrava un tragitto logico.

Meglio tornare indietro, anzi prima lo chiamo. Urlo, l’eco risponde e poi nulla. Devo tornare indietro. Poi ecco un grido. E lui che risponde. Dal valico mi affaccio, non vedo nulla, poi ecco una testa, un sorriso radioso. “Paoloooo!!!”. “Vieni, vieni a vedere, corri, corri!!”. Grido come se qualcosa potesse cambiare da li ad un attimo, quando per millenni tutto era rimasto immutato.“ Che bello, che spettacolo!” Mi abbraccia.  E’ sudato, ma freddo. Mi allarmo un po, E’ affaticato, una fatica non giustificata dalla salita appena percorsa. Gli dico di bere. Svita il tappo della borraccia e mi offre l’acqua. Rifiuto, dicendo che a me non serve,che non ho sete. Ma è tutta una scusa, devo lasciare l’acqua a Filippo. Non conosco il tragitto, non abbiamo mai visto una mappa del luogo. Davanti a noi lo wadi Madsus svolge le sue curve verso sud, immenso. A vista d’occhio solo sabbia e monti. Gli dico cosa vogliamo fare. Gli dico che FORSE lo wadi sbocca alla costa, ma non so quanti km dovremmo percorrere. Gli dico se se la sente di proseguire, oppure se è meglio tornare indietro.

Gli scatto una foto. La sua fronte è madida di sudore e lo sguardo sofferente, ma mi dice di proseguire. “Vai avanti, io vengo dietro a te !” Bella risposta! Io non ho la minima idea di dove andare. Mi incammino.  Mi chiama, mi dice di non voltarmi che  sta per scattarmi una foto mentre cammino, dice che è bellissima.  Continuo a camminare con i miei  bastoncini da sci alpinismo, senza voltarmi per qualche minuto, poi mi fermo.  Filippo è lontano, cammina lentamente, trascinando i piedi.



Lo aspetto e lo faccio sdraiare in una misera porzione di ombra proiettata in un piccolo avvallamento. Mi dice che si sente debole, che fatica a camminare, che la testa gli scoppia. Ho il cuore in tumulto per l’ansia. Questo è un grosso guaio. Siamo almeno a 20 km da un qualunque punto di soccorso e nessuno sa dove siamo. Se non ce la dovesse fare dovrò lasciarlo e correre verso la costa. Poi pian piano riprende il suo sorriso, il mio cuore si calma.
                La valle laterale in cui ci dirigemmo
 Uno wadi laterale sembra dirigersi direttamente a Sharm e decido di tentare. C’è una piccola probabilità che lo wadi sia chiuso, ma è un rischio accettabile. Scavalchiamo un’accumulo di sassi e ci avviamo dentro lo wadi. 
       L'accumulo di sassi e la valle laterale. Per le proporzioni guardate la bici
Dopo alcune curve ed una parete sulla destra, incombente sulle nostre teste, illuminata fiabescamente dal sole al tramonto, in lontananza compare il mare. Compare, ma è lontano, tanto lontano.....Meno male che lo wadi ha un terreno calpestabile. Scendiamo e ci avviciniamo alla costa, ormai sto tranquillo, ma la trappola scatta quando meno te lo aspetti. Il terreno diventa dapprima più morbido, poi molle ed infine ci trasciniamo dentro una sorta di zucchero a velo che ci fa sprofondare fino alle ginocchia. Uscire dallo wadi costerà a Filippo la perdita delle ultime energie. Lo aiuto a risalire il bordo dello wadi. E’ il momento più brutto, ma ormai siamo vicini alla costa. Ancora un po poi sbuchiamo alla strada. E’ fatta.
Ma i ricordi sbiadiscono, devo ora trovare il punto dove siamo passati.

 Mi lascio sommergere dalla luce incantata, Filippo sta con me e mi dice di andare avanti, tanto lui mi seguirà. Non devo pensare, altrimenti tutto svanirà. Mi volto, egli mi segue. Ora non sono io che traccio la pista, mi volto spesso per sapere se sono seguito da Filippo, per sapere se sono sulla via giusta. Ecco, qui è il posto, ne sono sicuro. Scendo dalla bicicletta, mi volto, aspetto che arrivi Filippo, ma egli è scomparso, il deserto lo ha ingoiato. Scelgo il punto preciso e prendo il sacchetto.

Sono nel dubbio se spargere al vento la terra  oppure se sistemare il tutto protetto da qualche pietra. Poi decido per quest’ultima ipotesi e mi accingo a fare un piccolo accumulo di sassi.
     La "tomba" di Filippo nell'esatto luogo in cui era stato e che aveva tanto amato.
Non credo ci sia bisogno di mettere tanti sassi, qui siamo nel deserto e tutto rimarrà inalterato sicuramente per un tempo maggiore di quello che a noi e ai nostri discendenti diretti sia concesso vivere.

                               La foto è stata scattata da Filippo
Ci sono molte pietre, tutto è pietra, ma i sassi sono saldati nel terreno e non è facile liberarli dalla ghiaia compattata dai secoli.
                                Filippo è nello stesso luogo della foto
E’ ancora tanto caldo e scegliere e liberare alcune pietre mi costa una fatica terribile, con la testa che  pulsa e gli occhi offuscati dal sudore, o dalle lacrime? Perché sono solo? Ormai è diventata un’ossessione. Forse avrei fatto bene a rimandare il tutto quando qualcuno sarebbe potuto venire con me. Ma chi? Chi ormai desidererebbe seguirmi? Non mi viene in mente nessuno sconsiderato.
                                   L'ultimo saluto a Filippo
Al momento di separarmi dalla terra un groppo alla gola mi blocca il respiro.  Sono solo, maledettamente solo. In realtà ogni tanto mi rendo conto di essere egoista e di lamentarmi spesso della mia condizione. Perché mai mi dovrei lamentare, la mia è stata una scelta ben precisa.  Qualunque sia ora il costo, devo pagare ed accettare. Ho costruito un piccolo ometto che si alza fiero appena sopra il terreno e mi siedo accanto al misero accumulo di pietre. Mille pensieri si accalcano per uscire dalla mia mente, ma il risultato è che nessuno riesce ad emergere. Vedo allora il vero volto del deserto e la mia vera condizione in quel momento. Sto qui, lontano da tutti, in un terreno rovente ed inospitale.
                           Filippo nelle ultime anse dello Wadi Madsus
Sto qui per una persona che non c’è più e che mai più tornerà, che non potrà più seguirmi.
          Nel medesimo posto in cui fotografai Filippo...tanti anni dopo.
 Sto qui ad urlare nel vento parole che subito si disperdono, con il sole che illude e dipinge un paesaggio che non c’è. Io lo so, basta attendere qualche minuto e tutto scompare. L’ultimo raggio di sole porta via la fiaba, le voci di chi ami, le frasi dette sulle vette dei monti e ripetute qui, nel vento, da solo. Porta via la fantasia, la capacità di sognare, la poesia e senza  queste cose noi siamo solo degli uomini. E’ difficile accettare di essere solo un uomo, anzi, non accettare, ma tornare ad essere solo un uomo, quando per molte ore pensavo di essere una parte immortale del deserto. Per ore o giorni qui si può credere di essere parte della luce del tramonto, di udire il vento che parla dei miei desideri, di capire i bisbiglii dei folletti. Ho creduto di poter volare nascosto in un granello di sabbia, di camminare su un raggio di sole.

 Ma l’ultimo raggio di sole si spegne e con esso si spengono le mie illusioni. Torno ad essere un uomo, senza fantasia, senza sogni, senza poesia. Ora si che la gola mi si serra, non riesco neppure a bere. La notte incalza, devo andare. Anzi, non devo…voglio andare. Forse se mi allontano da qui cambierà qualcosa, starò meglio. Non credo, ma è bene tentare. Ora non sono una parte del deserto, sono solo un uomo e per un uomo è difficile uscire dal deserto, come lo fu per Filippo. Le gambe sono deboli, pedalano con difficoltà fino a quanto una prima e poi una seconda ed infine una terza foratura mettono definitivamente fine alle mie energie già provate dalle battaglie contro la mia mente........

PS: Io non ho partecipato al funerale di Filippo, ne so dove è sepolto. Per me fino a quel giorno egli non era morto. La consapevolezza della sua morte ed il suo vero funerale fu per me quando seppellii la sua anima nel Wadi Madsus e la sua tomba per me è e resterà sempre nel vento che scorre libero nelle sterminate e roventi distese del Sinai.


"Non restare a piangere sulla mia tomba. Non sono lì, non dormo.
Sono mille venti che soffiano.
Sono la scintilla diamante sulla neve.
Sono la luce del sole sul grano maturo.
Sono la pioggerellina d’autunno.
Quando ti svegli nella quiete del mattino…
Sono le stelle che brillano la notte.
Non restare a piangere sulla mia tomba.
Non sono lì, non dormo."
canto Navajo



6 commenti:

  1. Incantato, emozionato, hai portato la mia mente in quei luoghi. Ci ha fatto "leggere" la disperazione e l'entusiasmo, la paura e il coraggio, la solitudine e la compagnia, la forza e la debolezza, la morte....e la vita! Grazie Paolo, ti abbraccio con forza, Edoardo

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  2. Grazie a te edoardo. Quello che mi scrivi mi consola e mi tranquillizza sull'ansia che avevo quando ho deciso di "mettermi a nudo" ricordando Filippo....

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  3. Stavolta non commento, resto in silenzio! Non riesco a tirar fuori le parole: o sono così pesanti da restare incatenate allo stomaco oppure le sento inappropriate. Posso dirti soltanto che, sì, pagherò l’abbonamento e sottoscriverò la clausola di rinnovo automatico … a vita !

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  4. grazie Leo, ringrazio te e gli amici che mi hanno scritto privatamente per le bellissime parole che hanno fugato ogni dubbio che avevo avuto prima di pubblicare questo racconto tanto intimo. Spesso non è facile dcidere di mettere totalmente a nudo i propri pensieri. La mia mia amica Tiziana mi ha scitto una cosa che voglio riportare :
    "certo filippo non è nella sua tomba nè sotto quel mucchio di sassi , filippo è con te , continua a seguirti mentre tu vai avanti, continuerà a vivere finchè tu vivrai e poi insieme si diventerà tramonto di sera...
    intanto, per ora, hai lasciato traccia della sua vita...ed è una grande cosa.." Grzie tiziana, grazie Leo e a tutti gli amici

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  5. Mi avevi accennato a questa particolare pagina del tuo diario come sicuramente la più toccante ed emozionante.Sono senza parole Pa',allora ne prendo una manciata in prestito da una vecchia canzone dei Kansas che mi sembra in sintonia con il tuo racconto...



    Polvere Nel Vento





    Chiudo gli occhi
    solo per un attimo
    e l'attimo è andato
    Tutti i miei sogni
    Passano attraverso i miei occhi
    polvere nel vento
    tutto ciò che sono è polvere nel vento

    la stessa vecchia canzone
    solo una goccia d'acqua
    in un mare infinito
    facciamo tutti
    briciole per terra
    anche se ci rifiutiamo di vedere che siamo solo
    polvere nel vento
    tutto ciò che siamo è polvere nel vento

    ora, smettila
    niente dura per sempre
    tranne la terra e il cielo
    tutto scivola via
    e tutti i tuoi soldi
    non compreranno un altro minuto (della tua vita)

    polvere nel vento
    tutti siamo polvere nel vento
    polvere nel vento
    tutti siamo polvere nel vento
    polvere nel vento
    tutto è polvere nel vento

    Ti abbraccio e grazie per aver dato bellissime parole ad emozioni così forti ed intime .Carlo

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  6. Carlo, sono io che ringrazio te per questa canzone che io non conoscevo. Leggendola, ed avendo vissuto ciò che ho raccontato, ancor più mi consolo. Forse è vero, noi siamo polvere nel vento. Forse, ma io spero proprio di si. Polvere nel vento, libera di volare tra i monti e i deserti, sui ghiacci e i mari, senza i confini a cui oggi dobbiamo sottostare. Sono i confini psichici che abbiamo creati noi stessi e che sono sottili come fili di ragnatela, ma più resistenti del diamante e per noi insuperabili.

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