mercoledì 9 maggio 2012

LA CIRCONCISIONE


Questo racconto non ha fotografie, ma nonostante tutto credo sia  interessante perché ho avuto una fortuna insperata, quello di essere stato invitato ad assistere alla cerimonia della circoncisione, la festa più importante per un uomo di fede islamica. Io ho pochissime fotografie delle persone e dei popoli che ho conosciuto nei miei viaggi perché reputo di non dover essere inopportuno e credo che non faccia piacere essere fotografati come se si fosse “animali in estinzione”…..Noi siamo di L’aquila: ricordate come ci sentivamo quando orde di turisti si precipitarono per farci fotografie dopo il terremoto?

"Arrivando a ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d'avere: l'estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più t'aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti".Italo Calvino
Le città invisibili
Kebili è un paese sulla strada per Tozeur, nulla di importante e senza alcuna attrattiva, se non per il fatto che si affaccia proprio sulle prime dune del Grande Erg ed all’uscita dall’unica strada che attraversa lo Chott el Djerid. In compenso ha un solo, grande albergo dove alloggiano tutti i turisti di passaggio.
Nel tardo pomeriggio mi avvio nelle strade polverose del paese dirigendomi verso il
minareto della moschea.      Piccole case,    nascoste da un bianco muro di
cinta, fiancheggiano le strade. La sabbia portata    dal vento forma piccoli
accumuli nelle zone più esposte proprio come si comporta   la neve nei nostri
paesi di alta montagna.  Solo alcuni bimbi   corrono tra le diritte vie.
 Il tramonto dona al paese un’aria di tranquillità impressionante. In
lontananza il palmeto si innalza fiero a baluardo della sabbia del deserto.
Cammino senza meta dirigendomi ora verso quelle palme, percorrendo le strade
 che si intersecano tra loro con angoli retti e sbirciando dai cancelli. Proprio
 non c’è nessuno. Ma è sempre così? Mah…..
Un lontano rumore mi fa trasalire, sembra acqua che bisbiglia in un fiume,
 poi aumenta. Ora è un suono distinto. Decido di andare a vedere. Faccio alcune curve e davanti a me compare un corteo folto di gente in festa. Un bimbo vestito con un abito bianco ed un cappello rosso è portato sulle spalle da un adulto e dietro è praticamente tutto il paese con tamburi e strumenti tuareg. Canti e balli accompagnano l’allegra comitiva. Mi accodo timidamente e li seguo. Entrano in un cortile in cui non ho il coraggio di accedere. Sbircio con indifferenza. Qualcuno se ne accorge e fa in modo che altri mi vedano. Immediatamente un signore mi chiama e mi invita ad entrare.
Mi fanno avvicinare e mi incitano al canto ed al ballo. Poi andiamo fuori e percorriamo tutte le strade del paese cantando a squaciagola e ballando al ritmo dei tamburi. Attorno a me tutti sono vestiti con abiti tuareg da festa.. Mi sento un po a disagio con i miei pantaloncini e canottiera. Mi sembra di essere in un film in costume.

Mi prendono per mano e mi trascinano con loro. Una donna è a fianco al bimbo. I suoi vestiti sono splendidi. Il suo volto è completamente ingioiellato, i suoi lineamenti sono bellissimi, la sua carnagione è perfetta, senza la benchè minima imperfezione. I capelli corvini sporgono dal velo che non nasconde il bellissimo viso. La sua andatura è flessuosa come tutti i tuareg. In francese cerco di capire cosa sto festeggiando. Un ragazzo mi si affianca e non  mi lascerà per tutta la sera. Mi dice che mi hanno invitato alla festa della circoncisione. In tale occasione inoltre è compresa anche la promessa di matrimonio con una bimba che appena si regge in piedi. Il ragazzo ha circa 8 anni. La circoncisione è per lui e per il fratellino più piccolo, di circa un anno di età. Ora almeno so perché ballo e canto. Percorriamo tutte le strade del paese raccogliendo gli ultimi ritardatari che sono particolarmente eleganti.

La foto è di repertorio, ma i costumi sono gli stessi
 Veli policromi ricoprono stupendi copricapi, qualcuno porta alla cintola cesellinati pugnali. Sembra un circo di un set cinematografico. Un’ora buona impieghiamo per arrivare alla casa del festeggiato. I balli mi hanno ridotto in un bagno di sudore. Entriamo nell’atrio all’aperto della casa. A terra sono posizionati tappeti su cui è appoggiato un basso tavolo. Colorati cuscini sono dovunque. Mi invitano a sedermi. Prima di calpestare i tappeti mi tolgo le scarpette da ginnastica e le metto a fianco del cancello d’ingresso. Non ci sono piatti, ma una sorta di vassoi di plastica, tipo di quelli che ci sono nelle mense aziendali, ma ciò che manca categoricamente sono le posate. Qui si mangia con le mani. Una carne profumata viene servita con orgoglio. Il mio amico mi dice che si tratta di carne di cammello che qui è prelibatissima e particolarmente costosa. In effetti è gustosissima e me ne pappo un pezzo pantagruelico. Non avrò a casa altra occasione per gustare un piatto simile. Non provo altro semplicemente perché nel mio stomaco non c’è più posto. Dell’ottima acqua del pozzo locale innaffia la mia secca gola. La allungo con del buon lagmi, vino di palma. Mentre tutti mangiamo……tutti uomini però. Già, perché le donne non siedono con noi. Direte voi, bella roba, i soliti islamici. Le donne alla cuccia e gli uomini gozzovigliano. Le cose non stanno però esattamente così, almeno tra i tuareg.

Una situazione molto simile a quella descritta
 
In una zona dell’atrio i tappeti sono i più preziosi, i cuscini sono regali, le donne sono elegantissime ed intonano canti e nenie, accompagnandosi con il battito delle mani. Un canto struggente emana dalla mia sinistra. Due donne stanno su un trono, più in alto di qualunque invitato, maschio o femmina. Una vecchia vestita come nelle fiabe più impensate. Argenti ed ori pendono da ogni parte del suo corpo. La sua pelle scura, segnata dal tempo e dal sole le fanno assumere un’aura di immenso rispetto. Ai suoi piedi una bacinella con dell’acqua ha un significato atavico che non riesco a farmi spiegare. La madre ha in braccio il suo figlio più piccolo. Una coperta colorata, forse di seta, enorme, ricopre la nonna, la madre ed il figlio. Le lanterne ad olio, accese ed ondeggianti nel vento, fanno sembrare la coperta come un mare in tempesta da cui irradiano riflessi arcobaleno.
Qualcuno chiama. Il dottore inizia l’operazione. Cerco di farmi largo tra gli uomini, i soli che possono assistere all’intervento. Le donne cantano. Insinuo la testa nella calca, ma qualcuno parla in tamahaq (lingua tuareg) agli altri. Tutti si fermano e mi fanno largo. In francese mi invitano a sedermi in prima fila, vicino agli ospiti più importanti. Mi sento a disagio per tale onore,considerando che io, per loro, sono un "infedele". Sono proprio a fianco del dottore in una minuscola stanza, piena fino all’inverosimile e calda come l’anticamera dell’inferno. Una piccola anestesia con uno spray, una pinza per clampare ed un taglio netto con il bisturi e tutto finisce in un’istante. Un punto per legare la piccola arteria ed un urlo esce dalla bocca del bimbo che era stato eroico fino a quel punto. Piccole lacrime solcano il suo volto. Le donne hanno il compito di cantare tanto più forte quanto più il giovane possa lamentarsi. Poi tocca al lattante che neppure si accorge di quello che gli sta accadendo. Vengono portati alle genitrici che li abbracciano e li coprono con il telo. Ora tutti cantano e ballano. Io chiedo se posso fare una foto, lo chiedo al padre che mi da il permesso, ma poi non tolgo neppure la macchina dalla custodia, mi sembra un reato. La nonna ha un piede nell’acqua del catino e tutti  onorano sia la vecchia che la madre gettando sulla coperta una somma prestabilita. Chiedo al mio amico che cosa devo fare, se posso anch’io dare un’offerta. Mi rispondono che si sentirebbero onorati. Chiedo ancora se la somma è fissa o se si può dare qualunque offerta. Mi sembra proprio una miseria quella che si offre. In lire stiamo si e no a 5000 l. Chiedo ancora se posso offrire 20.000 l. in moneta locale. Mi dicono che sono molto felici dell’onore che gli faccio. Non offro di più perché potrebbero offendersi, me lo fa capire il mio amico. Tutti si inchinano e baciano la coperta. Gli uomini non hanno alcuna funzione in questa festa, sono solo un corollario insignificante. Tutto gira attorno alla nonna ed alla madre. Non sono riuscito neppure a rendermi conto di chi fosse il padre. Il mio amico che sapeva che ero medico, mi presenta al medico tunisino che aveva effettuato le due operazioni. Ci presentiamo con saluti ed abbracci. Mi dice che sono particolarmente fortunato perché oggi nessuno fa più queste feste per la circoncisione. Oggi l’operazione viene effettuata in ospedale, in anestesia ed in asepsi. Solo alcune famiglie tuareg, legate alla tradizione, chiamano a casa i medici. Queste feste antichissime sono molto rare e forse questa è una delle ultime a cui si potrà assistere. Mi spiega che ogni gesto, ogni movimento delle mani e degli occhi ha un preciso significato. Ogni canto, ogni ballo serve per far scendere la benedizione sui bimbi. La festa va avanti fino a notte tarda. Cerco di andar via, ma non è facile allontanarsi dalla comitiva fino a notte fonda. Il mio amico mi riaccompagna in albergo e mi dice che per il 5 di agosto dell’anno prossimo egli si sposerà ed allora si che saranno feste nel paese. La festa, anch’essa tradizionale, durerà per una settimana, e per una settimana tutti gli invitati balleranno e mangeranno a spese delle famiglie degli sposi. La sua sposa, per giunta, è la figlia di un ricco del paese per cui se ne vedranno delle belle, a sua detta. Le fu promessa a 5 anni di età e per lui è la più bella ancora oggi. Vedo i suoi occhi brillare. Mi invita alla festa e mi fa promettere che sarò presente. Qui una promessa, una parola data, è legge. Non è possibile neppure pensare di non far onore a ciò che si è detto. Io so tutto questo, ormai conosco le genti del deserto, per cui mi affretto a giustificare una mia eventuale assenza. Vedo un segno di delusione sul suo volto, ma cerco di spiegargli che nella vita degli europei le cose vanno diversamente.  Comunque cerco di riparare salutando con un’augurio ed una speranza: ”Se Dio vorrà ci sarò….Se Dio vorrà....INCH' ALLAH "

5 commenti:

  1. Il tuo racconto è stato talmente tanto coinvolgente che anche se non hai fatto delle foto sei riuscito lo stesso a rappresentare la situazione, anzi forse hai fatto anche molto di più..

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  2. Grazie Sara
    Non credo però di essere riuscito a comunicare totalmente le sensazioni che ho provato trovandomi immerso in un mondo proibito a noi occidentali. Gli stessi gestori dell'albergo non credevano a ciò che gli raccontai perchè quello che vissuto è un rito ormai raro e riservato. Per me queste sono le fortune che ognuno di noi spera di poter vivere ogni qualvolta ci si accinge ad intraprendere un viaggio.
    ciao

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  3. senza dubbio sei stato molto fortunato!

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  4. da segugio ti seguo
    orme le tue parole
    ed io a chiedermi
    il senso
    della solitudine e
    dell’assoluto silenzio

    il vento del nord
    e del deserto
    snida
    le mie paure
    a te strappa via
    brandelli di pelle
    denuda l’anima
    al respiro
    della vita

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  5. SEI SEMPRE IL NOSTRO MAGNIFICO LEO!!!

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