martedì 20 marzo 2012

DICEMBRE 1975: LA TEMPESTA


                              30 DICEMBRE 1975 : LA TEMPESTA

 

Il 29 dicembre era una bella giornata di sole e quindi  numerosi sciatori erano stati richiamati sulle piste da sci. Nulla lasciava presagire quello che sarebbe successo il giorno dopo.  Neppure le previsioni metereologiche erano preoccupanti. Io a quel tempo non frequentavo le piste da sci., sarebbe stata una vergogna per la mia mentalità, per cui mi avviai sui candidi pendii lontano dalla moltitudine urlante.  Il giorno 30 mi alzai presto per fare qualche escursione, ma il tempo stava mutando e si vedevano le classiche nubi foriere di vento in quota, per cui ritenni opportuno di rimanere a casa e dedicarmi allo studio.
Durante il mattino il tempo peggiorò e dense nubi si accalcarono su Campo Imperatore.   Ora  si  poteva ben immaginare la bufera che stava per scatenarsi.
 
La giornata delle feste di natale aveva richiamato circa 500 sciatori sulla piste alte di campo Imperatore i quali, dopo le ore 12, non potettero scendere perché la funivia fu bloccata a causa del vento. Le prime notizie pervenuta a L’Aquila parlavano di sciatori dispersi sulle piste e di macchine ferme sulla strada verso la Fossa di Paganica.  A l’Aquila, in verità, c’era un po di vento, ma il cielo era sereno.  Le nubi iniziavano tra Paganica ed Assergi.  Il giorno 30 quindi partirono per primi i Finanzieri e dettero notizie drammatiche. All’albergo non c’era energia elettrica, i viveri scarseggiavano e le persone erano in preda alla paura.  Anche i finanzieri comunicarono che la bufera era veramente terribile e la cosa quindi doveva essere quantomeno catastrofica.
 Il giorno 31 io e Roberto F. allora capostazione, partimmo con la sua macchina per raggiungere Assergi. Con noi c’era anche Giampiero, da voi conosciuto perchè era uno dei partecipanti della gita a Campo Tures.  Dentro Valleverde, sotto Camarda, alberi secolari dal diametro enorme, erano stati letteralmente sradicati e allora ci rendemmo conto della situazione.  Sopra Assergi, dove ora passa l’autostrada, la macchina veniva letteralmente spostata e fu estremamente difficile arrivare alla Villetta.
Scendemmo dalla macchina con il vento che ci sollevava e ci spostava a suo piacimento e ci rintanammo alla stazione della funivia.  Li c’era il quartiere generale con i vari Soccorsi, ed inoltre Carabinieri, Forestale, Polizia etc.etc
Bisognava salire alla stazione intermedia dove erano rimaste bloccate alcune persone, ma più importante, bisognava arrivare alla Fossa di Paganica ed all’Albergo.
Alla fossa infatti, c’erano molte persone senza alcun tipo di attrezzatura e forse qualcuno era anche lungo la via. Carabinieri e Polizia avevano inutilmente tentato di raggiungere la Fossa ma con il solo risultato di vari congelamenti e la perdita di una campagnola. Gli spartineve erano inservibili per cui l’unico chance era riservata agli uomini. Alcuni finanzieri partirono e con loro andò Giampiero, . Inutile dire che c’era  Adriano e con loro Salvatore.
Vista la difficoltà della cosa indovinate chi salì all’Albergo? Bravi, avete indovinato. Dopo qualche inutile e penoso tentativo di svignarmela, il mio orgoglio prese il sopravvento e partii.  Il tentativo di “allontanare da me questo calice” era dovuto al fatto che già dal pomeriggio i miei amici si trovavano a casa di Paola per preparare la cena di fine anno  ed a quella cena c'era Franca, una bella ragazza che aveva suscitato i mei interessi (...poi divenuta mia moglie...).

  Partii quindi carico di vari generi con la speranza di farcela a tornare per la notte. In cuor mio credevo che la salita si sarebbe limitata alla stazione intermedia, per me un gioco. Infatti il vento era veramente terribile e quasi non si poteva camminare ed inoltre portava un pulviscolo fittissimo che si insinuava dappertutto impedendoti di respirare. Ero sicuro che mi avrebbero fermato alla stazione intermedia e quindi accelerai il passo. Appena sotto la stazione, dove il pendio diviene più ripido, il vento, già molto forte, aumentò improvvisamente d’intensità fino ad un punto che io non credevo potesse fare. Inoltre era calata una fitta nebbia.
Nella bufera..
 Non potei far altro che deviare a destra, e ripararmi nei Valloni.  Vi entrai lì dove normalmente finisce la neve, dopo la strettoia, sotto il masso al centro del Vallone.  Quindi non andai alla stazione intermedia e quindi nessuno poteva fermarmi. Ma non  mi interessava molto perché nei valloni il vento era sopportabile anche se la neve cadeva fitta proprio in virtù del fatto che il vento era meno impetuoso.  All’incrocio con la Grotta della Pala la neve era talmente alta che mi arrivava all’inguine. Non c’era pericolo immediato di valanghe perché in alto il vento aveva completamente pulito sia le creste che i canaloni per cui salivo sicuro nella più completa cecità  Ciò non era un problema nei Valloni perché il canalone stesso ti porta direttamente all’Albergo, basta conoscere un po i luoghi .  A Pratoriscio il vento si ripresentò ringhioso e fu una vera e propria impresa uscire alla Stazione superiore della funivia.  Lì dovetti strisciare a terra ancorato con la piccozza per non essere trascinato via.  Ma la cosa più difficile fu farmi aprire la porta. Il vento era talmente forte che non sentivano bussare ed inoltre avevano sbarrato la porta e le finestre con delle assi.
La ragione di ciò era che il vento rompeva gli scuri facendo letteralmente scoppiare porte e finestre mettendo in grave pericolo le persone che si fossero trovate nelle vicinanze. Dopo l’ennesima esplosione, le porte e le finestre furono sbarrate con tutto ciò che era possibile.  Al mio arrivo trovai una situazione abbastanza sotto controllo perché erano già arrivati i Finanzieri che con la loro professionalità avevano calmato gli animi dei più agitati organizzando perfino i pasti. Raccontarono che avevano passato un brutto quarto d’ora, ma ora le cose procedevano bene.  In effetti la bufera, nell’albergo era ancora più terrificante perché di tanto in tanto continuavano ad esplodere le finestre ed allora si creava una sorta di decompressione che dava oltremodo fastidio alle orecchie. Un rumore terrificante si propagava tra le stanze ed i corridoi, dove erano stipate le 500 persone, sedute anche  a terra. 
                                   da: ilcapoluogo.it

 Dato che i viveri, come ho detto, scarseggiavano e non si poteva prevedere quando la bufera sarebbe passata, io colsi l’occasione per salutare e partire, non prima di aver chiesto a qualcuno più intraprendente se volesse scendere con me.  Scendere fu la cosa più facile. Più difficile fu convincere i “guardiani” ad aprirmi la porta. Mi dissero che non sapevano se fossero stati poi in grado di richiuderla.  Mi misi di guardia ed appena sentii che il vento sembrava dare un attimo di respiro, mi feci aprire e via, nei Valloni. Sapevo che il vento non aveva mutato di direzione e quindi i Valloni erano percorribili.  Scesi praticamente di corsa, mezzo congelato e lasciai perdere l’idea di ripassare alla Stazione intermedia, almeno per riscaldarmi un po.
Comunque arrivai in perfetto orario alla festa di capodanno per festeggiare con quella ragazza....
 
La bufera il 1 gennaio passò e come sempre il Gran Sasso fece credere di aver scherzato, ma questa volta non aveva scherzato. Giampiero ed Adriano erano arrivati alla Fossa lungo valle Fredda, poi, quasi all’arrivo, erano stati costretti a seguire gli impianti, quindi a risalire uno sklift ed arrivati alla cima, scendere seguendo lo sklift che sapevano arrivava alla base.  Queste peripezie comunque gli avevano permesso di arrivare sani e salvi. Lì avevano trovato una famiglia, padre e madre e 4 figli in tenera età. Si trovavano in una macchina, ma il tergicristallo era stato letteralmente divelto dal vento e quindi si erano rintanati nella casetta.



Erano senza luce e il vento entrava ed usciva dalla porta semiaperta. La temperatura era bassissima e dopo aver acceso il fuoco e chiuso ogni pertugio con le assi schiodate altrove, solo dopo alcune ore, la temperatura si portò a –4. Portavano ogni genere di conforto e passarono il capodanno con loro. Racconta Giampiero che da un telefono trovato alla base, parlò con il curatore fallimentare degli impianti della Fossa. Il curatore raccomandò di non fare danni altrimenti avrebbe interessato il suo avvocato.  Anzi, giacchè c’era, era meglio che Giampiero parlasse direttamente con lui, tanto per sapere le sanzioni riservate a colui che avesse procurato danni agli immobili.  Giampiero parlò con l’avvocato, ma dopo aver spiegato la situazione, il curatore venne zittito e l’avvocato autorizzò ogni tipo di danno potesse servire a farli stare meglio e a salvare la pelle. 

Il mattino successivo, con un bellissimo sole, ma con vento in quota, arrivò il gatto e riportò tutti alla base. Durante il tragitto raccolsero pure gli occupanti di un pulmino che era stato sepolto letteralmente dalla neve e questa cosa li aveva salvati da un sicuro assideramento.  Ma se il vento era stato terribile alla Fossa, all’Albergo aveva fatto danni irreparabili. L’anemometro della stazione metereologica dell’Aeronautica, tarato fino a 200 km/h, era stato divelto e l’ufficiale meteorologo ipotizzò raffiche fino a 300 km/h, roba da non credere.  Per credere bastava uscire fuori e vedere i pali di ferro che sorreggevano gli sklift, del diametro di almeno 50-70 cm, letteralmente piegati come dei giunchi.  Ma tutto era finito bene, questa volta.

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