Tutto il mese di novembre passò presto tra esami, festeggiamenti e continue discussioni al CAI su come erano andati i soccorsi e sul comportamento dei due dispersi. Gli esami dell’università mi stavano impegnando e quindi dedicavo solo qualche sabato alla montagna, anche per via del maltempo. Inoltre facevo parte della squadra di pallavolo di serie B dell’Aquila. La serie B di allora equivaleva alla A2 di oggi quindi ero molto impegnato sia negli allenamenti che nelle trasferte. Le prime nevicate passarono quindi inosservate, ma quando il manto di neve aumentò di spessore, il richiamo dei monti si fece prepotentemente sentire trascinandomi lontano dal Gran Sasso. Salii con gli sci sul Velino, sul Sirente, sui monti della Duchessa, sui m. della Laga, l’immancabile m. Calvo anche se la neve non era assestata e quindi non era particolarmente adatta allo sci. Fino a quanto la neve non si assestava preferivo stare alla larga dai valangosi pendii del Gran Sasso. Natale si stava avvicinando a grandi passi e non sapevo che avrebbe portato la più brutta notizia (fino ad allora) della mia vita di montanaro.
( Parete nod del camicia in inverno)
Il 24 dicembre, vigilia di natale PIERGIORGIO moriva cadendo alla parete nord del Camicia. Non c’erano cellulari e la richiesta del soccorso fu portata personalmente da Mimì che salì da solo la parete. La notizia ci colpì come un maglio. Organizzare un soccorso su quella parete era quasi impensabile. L’unica possibilita’ era di salire sulla cima e poi di calarsi con un verricello sull’immensa parete ghiacciata che peraltro nessuno di noi conosceva. Ma ci sono dei limiti sulla lunghezza del cavo d’acciaio e sulla possibilità di spostarsi lateralmente. Ritirare su un pesante cavo d'acciaio lunghissimo con due persone appese presenta difficoltà estreme. L’ambiente severo, al buio, il ghiaccio, le condizioni psicologiche dei soccorritori, tutti amici di Piergiorgio, certo non aiutavano nell’operazione. E’ vero che c’erano i professionisti del SAGF della Finanza, ma il soccorso era al limite delle possibilità umane. Un elicottero appositamente inviato sicuramente salvò qualche vita che sarebbe stata messa a repentaglio nel soccorso, considerando che nessuno si tirò indietro. Carlo fu portato rapidamente giù dall’elicottero, ma recuperammo mestamente Piergiorgio 800 metri più in basso…..Molto si è scritto sulla tragedia, molto si è detto. Hanno parlato più di tutti coloro che non conoscevano Piergiorgio o non conoscevano la montagna. A me non interessava nulla di ciò che era stato scritto o detto. Io sapevo solo che non sarei più andato con lui a dormire con le amache, appesi sotto il balcone della sua villa, al secondo piano, per prepararci ai bivacchi notturni. Sapevo che nessuno mi avrebbe più costretto a portare l’acqua al rifugio e che forse non avrei più cercato un compagno per arrampicare. Anzi, sapevo che forse non avrei più arrampicato………l
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