giovedì 22 marzo 2012

LE BEFFE

                                        LE BEFFE
Il mondo è bello perché è vario.  Se il mondo è vario, le persone sono infinite e spesso il loro comportamento ha dell’incredibile. Non mi riferisco al loro comportamento come alpinisti, ma al loro comportamento dal punto di vista umano.  Farò tre brevi esempi.  Tanto per non annoiarci, spesso si andava in montagna per aiutare qualcuno in difficoltà, ma se stava in difficoltà lo decidevano gli altri, non loro, e questo forse era spesso il nostro sbaglio.  Un bel dì di settembre qualcuno ci avvertì che una comitiva di ragazzi, accompagnati da alcuni sacerdoti, erano scesi a Campo Imperatore per una innocua passeggiata, ma l’arrivo della nebbia aveva procurato alcuni guai. Il giorno precedente, comunque, alcuni componenti erano usciti a fare una escursione. Tutti erano tornati ai pulmans, salvo alcuni gitanti che rientrarono con un certo ritardo. Allarme generale e immediata partenza dei soccorsi dato che non si sapeva in effetti quanti e quali mancassero all’appello.  La nebbia, fitta come un latte, immerse Campo Imperatore e la notte non fu possibile muoverci. Al mattino pioggia e vento ci accolse sulla piana, ma almeno si vedeva dove mettere i piedi e quindi, anche se a malincuore, partimmo con la poco impermeabile attrezzatura tecnica del tempo, rassegnati a bagnarci come pesci. La partenza fu ai ruderi di S.Egidio e battemmo a tappeto tutti e due i versanti del monte Brancastello e le pendici meridionali di M.Aquila, ma non scorgemmo nessun segno dei dispersi. Il pomeriggio si avvicinava e decidemmo di spostarci più verso il M. Prena che come sapete è molto articolato.  Inoltre a quel tempo non c’era ancora il sentiero attrezzato del Centenario e quindi spostarsi sul Prena era estremamente difficoltoso anche perché il tempo non ci aiutava di certo.  Traversare le rocce bagnate delle Torri di Casanova non era  uno scherzo, ma salimmo ugualmente con il dubbio che gli escursionisti fossero stati sorpresi dal maltempo proprio sulle creste.  A sera scendemmo mesti e scoraggiati senza sapere cosa e dove cercare. Al mattino successivo il tempo era ulteriormente peggiorato e quindi pensammo di battere la zona pedemontana, dopo aver colloquiato con i loro amici. Ci informammo sulle loro capacità tecniche e ci dissero che  mancava un sacerdote, molto giovane e piacente, che sicuramente non poteva essere salito sulle cime.  Tutto il giorno ci trascinammo, bagnati fino all’inverosimile, sotto il Monte Prena, dentro gli immensi canali che scendono dalle sue vette.  Come Dio volle arrivammo alla Canala che non è altro che il colatoio che scende dalle coste di Sferruccio. Lì si trova il bivacco Lubrano, piccolo rifugio attrezzato di ogni ben di Dio. Il bivacco distava circa ½ ora di cammino da noi, ma pensammo di andare quantomeno a riposare un po e ad asciugarci della pioggia incessante.  Il bivacco era lontanissimo dall’Albergo e non potevano trovarsi certamente lì.  Comunque ci avviammo e spingemmo la porta per entrare.  Come succede in questi casi, la porta non si aprì. Il bivacco non era mai stato chiuso e non è nella filosofia dei bivacchi sprangare la porta.  Pensammo che si fosse incastrata e spingemmo con forza.  Purtroppo la porta era proprio chiusa. Questo imprevisto ci era costato un’ora di acqua in più !!  Ma al momento del ritorno sentimmo dei rumori e la porta si aprì. La spingeva un bel ragazzo. Era il sacerdote. Sul momento non sapevamo neppure se era lui il disperso ed entrammo per ripararci. Sapete chi c’era nell’interno? I più maliziosi penseranno che c’era una bellissima ragazza vestita succintamente nonostante il freddo.  Ma voi non siete maliziosi e quindi non lo pensate. E vi sbagliate!!!  C’era proprio una bella ragazza vestita succintamente ( per l’epoca). La cosa più bella fu che il sacerdote cadde dalle nuvole e  quasi si arrabbiò con noi perché eravamo andati a cercarlo. Dato che eravamo giovani focosi, quasi pensammo di legare il sacerdote e dare libero sfogo ai nostri istinti, ma poi rinunciammo e con la radio avvertimmo che erano stati ritrovati. I primi ad arrivare furono altri componenti del CNSA che, quando raccontammo l’accaduto, nonostante fossero più anziani e pacati, ebbero più difficoltà di noi a frenarsi. Il sacerdote, infatti, continuava a protestare del perché di quella operazione di soccorso. Lui non era in difficoltà (se qualche difficoltà aveva avuto non  riguardava certo lo smarrimento), non si era mai perso e diceva che altri sapevano che stava facendo una escursione di tre giorni con altri due ragazzi. All’ultimo momento, il terzo (incomodo) non era partito e lui si era avviato in compagnia della sola bella ragazza (guarda caso).  Avevano viveri e generi di conforto e quindi ci consigliarono di tornare a casa perché loro avrebbero continuato la gita. A questo punto furono caricati a forza sulla campagnola e quasi legati ai sedili e quindi riconsegnati agli amici con il consiglio di non farsi rivedere più sul Gran Sasso.
Ma non sempre le cose andavano così bene e qualche volta la mente umana rasenta l’inverosimile.
 Sembra che l’autunno sia la stagione più adatta a commettere stupidaggini, perché un insignificante giorno del 1979 il solito uccellino ci portò la notizia che c’era un disperso al Parco Nazionale.  La cosa non era poi così eccezionale se non fosse stato per il fatto che il disperso era il figlio del corrispondente inglese in Italia del più importante giornale londinese, Peter Nicols. A noi sconosciuto, sembra che fosse estremamente importante perché immediatamente tutti i fari del palcoscenico furono puntati su di noi. Questo giovane era andato a fare fotografie nel parco e non aveva dato più notizie di se da molti giorni. Come al solito partimmo molti di noi e tutto il SAGF. Li trovammo i Forestali ed iniziammo le ricerche. Inutile dire che il tempo meteorologico sembra divertirsi in questi casi. Mai che avesse un po di pietà per le articolazioni già abbondantemente doloranti degli alpinisti. Tre giorni vagammo per il Parco cercando di intuire il tragitto del disperso. Il quarto giorno alcuni Forestali avvertirono di aver ritrovato la tenda. Io ero vicinissimo a loro e li raggiunsi pochi minuti dopo.  Entrai in tenda e…..meraviglia delle meraviglie.  Dovete sapere che uno dei miei hobby preferiti era ed è l’astronomia. Tale hobby, oltre allo studio, necessita  di telescopi per scrutare il cielo. Il passo successivo è la fotografia astronomica che si compie con obiettivi fotografici i più luminosi e grandi che sia possibile. Tali caratteristiche, in ottica, costano esponenzialmente al diametro delle lenti e quindi un buon astrografo può arrivare a costare anche parecchie decine di milioni. A quel tempo dovevo arrangiarmi e quindi frequentavo Porta Portese con la speranza di trovare qualche obiettivo da rilevamento aereo della II guerra mondiale o altro materiale di scarto. Noi poveri astrofili dilettanti non potevamo neppure pensare ad obiettivi che costavano come dieci stipendi paterni.  Quindi immaginatevi cosa potetti pensare quando entrai e vidi degli obiettivi da 500 mm. da 1000 mm, da 300 mm., Inoltre, più “modesti” obiettivi da 28, 50, zoom,(obiettivi a focale variabile),   tutti di gran marca e quindi macchine fotografiche a iosa, cavalletti. Senza contare la regale attrezzatura da campeggio, con sacco a pelo di piuma d’oca, giacche a vento etc. etc. Mi sembrava di essere stato trasportato nel paradiso degli astrofili e non potetti esimermi dal pensare di imboscare qualcuno di quegli obiettivi. Credo che Gesù Cristo, conoscendo il mio amore per il firmamento, mi avrebbe certamente perdonato il piccolo furto. La colpa infatti era la sua.  Era stato o non era stato lui a creare l’universo e le stelle?  Se non lo avesse fatto io non avrei rubato nulla.
Probabilmente dovetti esprimere questo pensiero in maniera così palese che il Forestale mi redarguì dicendo che ciò non era onesto e comunque sarebbe stato un grave  reato.  Il ritrovamento della tenda rafforzò la convinzione di un’incidente, perché chi mai poteva abbandonare una tenda stracarica di attrezzatura costosissima ? Pensate che da un rapido calcolo che feci, credo che si aggirasse sui 60/80.000.000 dell’epoca e forse anche di più. Le ricerche divennero più febbrili anche perché il padre come ho detto, era un famoso giornalista.
Il mattino successivo fummo richiamati alla base perché erano arrivate notizie. Pensavamo che il corpo fosse stato ritrovato, ma ci sbagliavamo di grosso. Sapete cosa era successo?  Il caro ragazzo era sceso in paese (Pescasseroli) e aveva incontrato due sue amiche. Aveva deciso quindi di andare a Milano a casa loro e come se nulla fosse si era preparato ed era partito lasciando tutta l’attrezzatura.  Aveva sentito la Tv ed i giornali che annunciavano la sua scomparsa e si era “precipitato”, dopo alcuni giorni, ad avvertire il padre, il quale semplicemente si dileguò e non lasciò più tracce di sé. Quando ci dettero la notizia c’era anche il forestale che mi aveva impedito di pensare di compiere il furto il quale mi rincorse e mi disse di dargli un cazzotto in bocca per quello che mi aveva detto e che in futuro, in  occasioni simili, mi avrebbe data piena libertà di azione.


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