domenica 18 marzo 2012

"IL CICLONE" DEL 1974


Meno male che la montagna non è solo avventura o tristezza.  Giudicate voi……..
Un bel giorno di luglio, non sapendo che fare, pensai bene di andare sulla cima del Corno lungo la direttissima per fare un po di allenamento di corsa. Con la testa bassa, i bastoncini in mano, spingevo le mie gambe al limite della resistenza .  Davanti a me si trovava una comitiva che avevo avvistato nel canalino della direttissima quando ero passato alla sella di m. Aquila.  Avevo dimenticato la combriccola quando, salendo di corsa, quasi urtai una cosa di consistenza duro elastica. E si!!!!!! Era un magnifico cu…appena vestito con un paio di hot-pants ritagliati da vecchi blu-jeans. Per i più giovani, gli hot-pants non erano che pantaloncini particolarmente succinti che praticamente lasciavano intravvedere “tutto”. Le due magnifiche semisfere erano sorrette da un lunghissimo paio di gambe affusolate ed abbronzate.  Alzai gli occhi e vidi un viso eroticamente aggressivo. L’amazzone portava solo un reggiseno.  Una tale vista, a quel tempo, bastava per mettere ko qualunque maschio, figuriamoci me e per di più in montagna. Ma la cosa non finiva li!!!! Appena mi riebbi notai che c’era un’altra magnifica “femmina” anzi no!!! Due!! Ma che dico: TRE!!! QUATTRO!!! Non è possibile: CINQUE!!! Man mano che alzavo lo sguardo vedevo donne succinte. Lo sguardo, dal basso, metteva in particolare risalto tutte le “bellezze” delle alpiniste. Decisi che avevo finito di correre e mi accinsi ad “attaccare bottone”. La cosa fu particolarmente facile perché si davano man forte a vicenda essendo almeno una quindicina. Non ero in grado neppure di contare.  Erano una comitiva di Bassano del Grappa che si era recata nelle nostre montagne per conoscerle ed  aveva intenzione di permanere al rifugio Duca degli Abruzzi per qualche settimana.  Giocavo in casa, sul Gran Sasso ed in più il Duca era gestito nientepopodimenoche  che da PIERGIORGIO, RICCARDO, e MASSIMO, i miei amici.  Subito decisi di ricordare a loro, appena arrivato, di tutte quelle volte, (praticamente sempre) in cui mi avevano costretto a portare 50 l. di acqua al rifugio ogni qualvolta andavo ai Corni.(e quindi succedeva spesso).  Ora finalmente era arrivato il momento di presentare il conto….Ma la mia ingenuità era pari alla mia goffaggine.
Salii insieme a loro per un  po, poi le salutai e mi diressi a destra, per salire lungo la via dello Speroncino.  Arrivai in vetta prima di loro e non le aspettai perché volevo salire al Piccolo lungo la Valeria e al torrione Cicchetti (cosa che feci)……il richiamo della montagna era potente.  Al ritorno, sfogati gli istinti montanari,  lo stimolo della gioventù mi consigliò di dirigermi al Duca, tanto per vedere… Al mio arrivo erano tutti dentro, una bolgia infernale di donne bellissime.  Ricccardo, Piergiogio e Massimo erano indaffaratissimi a cuocere le famose frittate a gettito continuo ed a preparare minestre bollenti.  Quando mi videro mi supplicarono di scendere all’albergo a prendere una tanica di acqua,  ma poverini, si presero un sonoro vaf….Lo avrei fatto, tanto consideravo la cosa come un’ottima occasione per fare allenamento, ma purtroppo le ragazze, appena mi videro, mi corsero incontro per farsi raccontare la mia giornata e per farsi promettere di essere accompagnate (quelle più brave) a fare qualche via di roccia.
Mi dissero che mi avevano visto arrampicare. Una in particolare non mi mollò per tutta la sera, ed era la più bella. Voleva sapere di tutte le mie “avventure” in montagna, ma io ero schivo e la cosa non mi dava piacere. Quando si accorse che era inutile, l’argomento cambiò nella descrizione dei luoghi e delle vie, e ciò mi sollevò da un evidente disagio. La situazione, nei minuti successivi, si complicò perché sembra che la voce della loro presenza si fosse diffusa come un’eco e quindi molti  ripassarono “per caso” al rifugio. Dirò che a tarda sera ripassò anche Vincenzo.  Vista l’ora di arrivo è più probabile che egli fosse salito appositamente dall’Aquila e non ripassato per caso. Perché parlo proprio di Vincenzo è presto detto.  Le ragazze dormivano al rifugio e Vincenzo rimase con loro per vari giorni. Anche altri non scesero a l’Aquila, ma la storia di Vincenzo è più complessa.  La domenica Vincenzo era andato in montagna contro il parere della madre perché quel giorno ella gli aveva raccomandato di badare ad una vecchia zia molto malata. La madre doveva assentarsi dall’Aquila per  qualche tempo e l’assistenza della zia era stata demandata a Vincenzo.  Sembra, da voci ben informate, che la zia non fosse in grado neppure di alzarsi per andare in bagno o farsi da mangiare. Comunque era andato ugualmente,  promettendo un veloce ritorno, ma poi le cose erano andate diversamente ed egli aveva completamente dimenticato la zia. Al ritorno, la madre non aveva trovato a casa Vincenzo perché, molto semplicemente, egli non era più tornato. Non si sa bene la fine della vecchia zia…..
Io ero impegnato all’Università e quindi salii poche volte durante i giorni della loro permanenza sui nostri monti. Ma comunque spesso erano loro a scendere a l’Aquila e facevano punto fisso alla sede del CAI che io frequentavo assiduamente. Li le incontravo accompagnate da un nugulo sempre più fitto di ragazzi imbellettati, come le mosche al miele.  Devo dire senza falsa modestia che due di loro appena mi vedevano lasciavano immediatamente la compagnia e mi correvano incontro felici, procurando non poca invidia alle “mosche”.
Se le cose in pianura erano complicate, sui monti erano diventate ingovernabili.  Vincenzo ormai faceva parte integrante della comitiva, ma non era il solo. Tanto per fare un esempio c’era un ragazzo di Roma, sconosciuto agli aquilani, che era rimasto lassù, dormendo nel rifugio da qualche giorno.  Il sabato sera io ero di passaggio, con l’intenzione di cenare con loro e poi di andare da qualche parte sul Corno per dormire su qualche cengia, quando arrivò al rifugio un carabiniere in divisa, trafelato. Riprese fiato, fu rifocillato ed anche invitato a prendere parte ai festeggiamenti. Tirò fuori una fotografia chiedendoci se mai avessimo visto quell’uomo.  Guarda caso era proprio quel ragazzo il quale non aveva dato più notizie di se alla famiglia. Qualcuno lo andò a chiamare all’altra stanza, ma per tutta risposta egli si nascose e fece dire di non lasciarsi sfuggire nulla della sua presenza li. Mi sembrava un film di guerra di un ricercato dalla Gestapo, ma successe di tutto in quell’occasione.  Ci furono vari fidanzamenti falliti ( Manuela, Anna etc), altri sopravvissero per caso. Dal canto loro i gestori del rifugio erano continuamente intenti a preparare  colazione, pranzi e cene per decine e decine di persone. Era un via vai di gente perché l’Aquila è piccola e la voce ormai era stata sparsa ai quattro venti. I ragazzi più piacenti venivano su con la sicurezza (poi delusa) di un’avventura, i più brutti con la stessa speranza visto che la solita voce aveva portato la notizia della eccessiva facilità delle alpiniste. Le delusione erano molte, ma ciò non impediva a tutti di provare con la speranza di essere loro i fortunati.  Inoltre i delusi, e cioè il 99 % non ammisero mai il loro fallimento per cui raccontavano le cose più assurde rafforzando negli altri la convinzione di poter vivere un’avventura meravigliosa.
Direte che a Riccardo, Piergiorgio e Massimo quei giorni avessero riportato lauti guadagni. Le cose non andarono esattamente cosi. Molti erano gli amici che salivano lassù e quindi le frittate e le minestre a tutte le ore non si contavano. Poi agli amici si seccava presto la gola a forza di raccontare corbellerie e quindi bevevano, guarda caso poca acqua ma molto vino. Forse non lo sapete, ma i giovani del 74 erano particolarmente squattrinati e quindi i pagamenti venivano differiti a tempi migliori, come dire all’infinito. Se non ci credete  potete chiedere a Massimo, che oggi lavora a Sport Up (visto che Riccardo e Piergiorgio sono morti), ma alla fine della stagione erano sotto di 1.500.000 lire. A quel tempo era una cifra enorme. Un bel giorno Vincenzo dovette scendere, forse per cambiare le mutande, visto che non si vedeva altra ragione, ma l’assenza fu di breve durata. Questa volta era in compagnia  di Remo. Insieme, durante la notte tentarono di raggiungere l’albergo in macchina in una nebbia fittissima. Questa incursione  notturna era dovuta al fatto che Remo lavorava alla libreria Colacchi e quindi di giorno era impegnato.  Il tentativo miseramente fallì per via della suddetta fittissima nebbia, ma oltre lo scorno anche la beffa perchè  dovettero aspettare l’alba in macchina. Ho nominato Remo per introdurre Sandro, titolare della libreria Colacchi. Un giorno fu portato da Vincenzo e Remo a conoscere le belle e ne rimase incantato. Egli era il titolare e poteva assentarsi, mentre Remo era al chiodo. Il risultato di quei giorni fu per Sandro un’ottima conoscenza della grappa. L’anno successivo acquistò una veloce Mercedes con cui faceva frequenti viaggi domenicali a Bassano del Grappa.
Qualche anno dopo, in occasione di un’influenza, fui chiamato al suo capezzale. Quando arrivai pensai fosse affetto da febbre tifoidea, perché presentava un’evidente obnubilamento del sensorio. Ma poi fui instradato dal mio naso che avvertì un fortissimo profumo di grappa. E già, egli si curava con la grappa eccedendo con la medicina !!!!  Potrei scrivere un libro su quel periodo, ma non voglio essere prolisso. Dirò solo che l’ultimo giorno ci fu una festa a casa di Paolo, che ha la villa Lungo la strada di collebrincioni, prima della Madonna della Cona.
Quella sera c’erano tutti i ragazzi dell’Aquila e molti di loro portarono delle tende che avrebbero voluto piazzare sul cortile della villa per poter essere vicini alle belle che si vociferava avrebbero dormito  nella villa.   Il giorno successivo partirono da piazza Duomo. Ci salutammo alla sede del CAI e devo dire che ci furono copiose lagrime da parte di molti ragazzi, ma ancor più da parte delle alpiniste, e credo che fossero proprio lagrime genuine.

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